Domande frequenti e le relative risposte

6. Perché si inizia a vaccinare subito dopo il compimento dei due mesi?

Il programma di vaccinazione inizia a 2 mesi compiuti (ossia dal 60° giorno di vita) per tre ragioni:
a 2 mesi il sistema immunitario del bambino è già in grado di rispondere alla vaccinazione;
aspettare non serve ad aumentare la sicurezza dell’atto vaccinale;
ogni ritardo nell’inizio delle vaccinazioni prolunga il periodo in cui il bambino è suscettibile alle infezioni prevenibili con il vaccino.
Un ritardo può comportare dei rischi. Per esempio, sappiamo che la pertosse nel lattante si manifesta costantemente in modo atipico, con crisi di apnea. Questo fatto rende la pertosse una malattia molto pericolosa, specialmente nei primi mesi di vita. Uno studio sui bambini da 6 a 24 mesi ha dimostrato che il rischio di ospedalizzazione è 10 volte più alto nei bambini mai vaccinati contro la pertosse rispetto ai bambini parzialmente o completamente vaccinati (Stojanov 2000).
Iniziare le vaccinazioni a due mesi non ha solo la funzione di proteggere il singolo bambino, ma serve anche a proteggere la collettività. In alcuni casi è necessario vaccinare un bambino alla nascita: ciò accade quando la mamma è portatrice del virus dell’epatite B, poiché l’infezione neonatale è associata ad un alto rischio di epatite cronica.

Domande frequenti e le relative risposte

7. I vaccini indeboliscono o sovraccaricano il sistema immunitario?

Alcuni ritengono che il sistema immunitario del bambino sia fragile. Ma se così fosse, gran parte dei neonati non sopravvivrebbe alla moltitudine di virus, batteri e funghi che si trova a fronteggiare subito dopo la nascita. La malattia naturale impegna il sistema immunitario molto più della corrispondente vaccinazione. Il vaccino del morbillo quasi sempre decorre senza sintomi o con sintomi modesti quali un episodio febbrile alcuni giorni dopo la vaccinazione. La malattia naturale del morbillo invece provoca febbre elevata per alcuni giorni, esantema, congiuntivite e sono possibili complicazioni severe quali l’encefalite e la polmonite.
Il virus del morbillo produce una generalizzata immunosoppressione (con questo termine si intende un forte indebolimento delle difese immunitarie), che può durare anche molto tempo dopo la guarigione dalla malattia. Un approfondito studio condotto in Paesi sviluppati ha dimostrato due cose: a) Il morbillo riduce le difese immunitarie per 2 o 3 anni; b) i bambini vaccinati contro il morbillo, non dovendo subire l’indebolimento del sistema immunitario operato dal virus del morbillo, risultano meno vulnerabili e quindi è meno facile che si ammalino e muoiano per altre infezioni (Mina 2015).
Il meccanismo con cui il morbillo indebolisce il sistema immunitario non è ancora del tutto chiaro, ma probabilmente il virus altera contemporaneamente diverse funzioni del sistema immunitario, rendendolo più vulnerabile alle infezioni (de Vries 2014). Di sicuro è costantemente rilevabile una diminuzione dei linfociti (un particolare tipo di globuli bianchi, fondamentale per la difesa dalle infezioni).
Inoltre il virus del morbillo provoca un danno alle cellule epiteliali del tratto respiratorio, che di conseguenza risulta maggiormente esposto all’azione dei batteri nocivi (Ludlow 2012): la polmonite è una frequente complicazione del morbillo ed è responsabile della maggior parte delle morti associate a questa malattia (Orenstein 2004).
Si può quindi affermare che è il morbillo a indebolire il sistema immunitario, mentre i vaccini lo rafforzano, mettendo l’organismo nelle condizioni di combattere le infezioni.
Il neonato ha sviluppato la capacità di rispondere ad antigeni (con questo termine si indicano tutte le sostanze capaci di indurre una risposta immunitaria) prima ancora della nascita.
Le cellule B e T (cellule fondamentali per la risposta immunitaria) sono presenti alla 14a settimana di gestazione e sono già in grado di rispondere ad una grande varietà di antigeni; il feto tuttavia non utilizza questa potenzialità, non ne ha ancora bisogno perché, finché rimane nell’utero materno, viene a contatto con pochi antigeni.
È stato calcolato che al momento della nascita e nelle prime ore di vita il bambino viene a contatto con più di 400 specie diverse di batteri. Dato che ogni specie batterica ha da 3.000 a 6.000 differenti antigeni, ne consegue che un neonato è esposto da subito a più di 1.000.000 di antigeni (Conway 1995).
Rispetto a tale enorme massa di microorganismi, gli antigeni contenuti nei vaccini costituiscono un minimo “carico” per il sistema immunitario del bimbo: è stato calcolato che gli 11 vaccini che ogni lattante riceve contemporaneamente negli Stati Uniti, impegnano solo lo 0,1% del suo sistema immunitario (Offit 2002).
Si stima che, come nell’adulto, anche nel bambino i recettori delle cellule del sistema immunitario (cioè le porzioni delle cellule immunitarie che riconoscono e si legano agli antigeni dei virus e dei batteri) possano essere prodotti nella quantità di 1018 (= 1 seguito da 18 zeri) (Strauss 2008). Questo dato ci fa capire quanto grandi siano le potenzialità del nostro sistema immunitario.
Inoltre, pur essendo aumentato il numero dei vaccini, con il passare degli anni è diminuito il numero degli antigeni somministrati (Offit 2002). Ciò è dovuto a due fattori: a) il vaccino contro il vaiolo, contenente un numero di antigeni molto elevato, non viene più somministrato (in Italia, l’antivaiolosa è stata sospesa nel 1977 e definitivamente abrogata nel 1981, essendo il virus del vaiolo scomparso proprio grazie alla vaccinazione); b) i vaccini sviluppati in questi ultimi anni sono tecnologicamente più evoluti; per es. il vecchio vaccino pertosse a cellula intera conteneva circa 3000 antigeni, l’attuale vaccino acellulare ne contiene 3.
Quanti antigeni per ogni dose di vaccino erano somministrati ai bambini in Italia tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’70 del Novecento, a seconda del programma di vaccinazione utilizzato:


Attraverso la supplementare somministrazione del vaccino contro la pertosse (vaccino con germe intero) sono stati aggiunti 3.000 antigeni!
Nel secondo anno è prevista anche la somministrazione di una dose del vaccino morbillo-parotite-rosolia-varicella e meningococco C.
Il totale degli antigeni per dose di vaccino nei primi due anni di vita risulta quindi come segue:



Se le vaccinazioni fossero realmente in grado di indebolire o sovraccaricare il sistema immunitario, dovremmo osservare un aumento degli episodi infettivi dopo ogni vaccinazione. Per testare questa ipotesi sono stati condotti alcuni studi, e precisamente:
uno studio condotto in Germania (Otto 2000) ha confrontato un gruppo di bambini vaccinati contro difterite, pertosse, tetano, poliomielite e Haemophilus b durante il terzo mese di vita ed un gruppo di bambini della stessa età che avevano iniziato le vaccinazioni dopo il terzo mese. Il gruppo vaccinato durante il terzo mese non ha presentato una maggiore frequenza di malattie infettive. Al contrario, la frequenza di infezioni è risultata significativamente ridotta;
uno studio condotto in Gran Bretagna (Miller 2003) ha valutato se nelle 12 settimane seguenti alla somministrazione del vaccino morbillo-parotite-rosolia fosse riscontrabile un aumento di frequenza delle infezioni batteriche invasive e della polmonite: nei bambini esaminati (di età 12-23 mesi) e nel periodo considerato (dal 1991 al 1995) non è stato osservato alcun aumento delle ospedalizzazioni nel periodo successivo alla vaccinazione;
uno studio effettuato in Danimarca (Hviid 2005) su tutti i bambini nati dal 1990 al 2001 (più di 800.000 soggetti) ha messo in relazione tutte le vaccinazioni pediatriche somministrate e i ricoveri in ospedale per alcune importanti infezioni quali polmonite, setticemia, infezioni virali del sistema nervoso, meningite, polmonite, infezioni diarroiche e del tratto respiratorio superiore. Non è stato riscontrato alcun aumento di infezioni in seguito alla somministrazione dei vaccini pediatrici, compresi i vaccini costituiti da più componenti (come ad esempio gli esavalenti);
uno studio su mezzo milione di bambini, ancora una volta in Danimarca, ha rilevato una diminuzione dei ricoveri per qualsiasi tipo di infezione nei bambini di recente vaccinati contro morbillo-parotite-rosolia (Sørup 2014).
Come si spiegano queste osservazioni? Si è ipotizzato che determinati vaccini operino una non specifica stimolazione del sistema immunitario, che si traduce in una diminuita suscettibilità alle infezioni (Goldblatt 2014).