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Si va avanti

I Colloqui sul Cancro di Brunico nella retrospettiva dei tre organizzatori
Sono un team che si è riunito per caso, l'oncologo Dr. Christoph Leitner e il suo amico di gioventù, l'avvocato di Brunico Andreas Leiter con la moglie, la giornalista Verena Duregger. L'anno scorso avevano ancora dubbi sul fatto che la loro intuizione avrebbe funzionato. Dopo la seconda edizione è una sicurezza: si va avanti. Per decidere in che modo e dove c’è ancora tempo. Se non fosse che gli spazi sono sottodimensionati per un evento di questo tipo, l’UFO di Brunico si è dimostrato una location perfetta. Comunque sia, la Chance ha voluto sapere da tutti e tre come hanno vissuto la seconda edizione della “loro” manifestazione e quali saranno i passi successivi.
Dr. Christoph Leitner: Non possiamo che essere assolutamente soddisfatti. Il grande interesse dimostrato dalla gente per la seconda edizione dei Colloqui sul Cancro, il fatto che non si siano lasciati fermare da neve e intemperie, sono una conferma, anzi un obbligo! La gente in generale ha un enorme bisogno di sapere, mica solo i pazienti. Avevamo più di 300 domande di partecipazione e abbiamo dovuto respingerne 100 per mancanza di spazio. Per noi medici in particolare queste discussioni sono una vera sfida, che comunque siamo felici di affrontare. Un’occasione unica davvero per trasmettere il nostro sapere, per spiegare gli ultimi sviluppi del settore, in modo tale che anche chi non è esperto possa comprendere e sia possibile fare leva sul suo senso di responsabilità. Trovo molto efficace il format proposto, tra presentazioni di esperti medici e testimonianze di persone che stanno vivendo la malattia. Ammiro il coraggio dei pazienti che hanno accettato di condividere la loro storia e per incoraggiare gli altri. Una cosa che mi è mancata quest’anno, causa mancanza di tempo, è comunque una tavola rotonda finale. Non c'è stato modo di discutere di strategie, di politiche, di ricerche e terapie. A mio avviso le singole relazioni sono state un tantino un pò troppo lunghe. La prossima volta dobbiamo riuscire a gestire il tempo in modo migliore. Un eccesso di informazioni secondo me è controproducente. Meglio filtrare di più a monte e lasciare più tempo per la discussione. Meno molto spesso può essere di più.
Avvocato Andreas Leiter: Il mio primo intento era quello di contrastare la paura. E mi sembra che ci siamo riusciti. In occasione della prima edizione mi hanno chiesto in tanti: perché avete scelto questo brutto nome, Colloquio sul Cancro? Adesso la gente non lo chiede più. E anche questo lo valuto come un successo. Del resto, quale altro nome avremmo dovuto scegliere? È proprio questo il nostro scopo: parlare del cancro! Raccontarlo dalla prospettiva di chi ci deve convivere. Un paziente informato può stabilire un rapporto di parità con il suo medico. È vero, oggi possiamo procurarci anche da soli un sacco di informazioni, ma queste informazioni molto spesso sono approssimative, se non false o addirittura faziose. Sono informazioni che non di rado mirano alle emozioni, con titoli enfatizzanti che puntano sulla paura. Noi questo non lo facciamo. Il nostro obiettivo è tutt’altro. Il nostro obiettivo va oltre l’evento. Quest'anno i Colloqui sul Cancro sono stati presenti nei media per oltre un mese. È questo il nostro intento: rendere questo tema presente, portarlo alla conoscenza di tutti. Adesso bisogna vedere come proseguire. L'anno scorso siamo partiti per organizzare un unico evento. Adesso, dopo il successo della seconda edizione bisogna decidere in che direzione andare. All’UFO abbiamo trovato delle condizioni ideali, ma poco spazio. Brunico può risultare troppo decentrato ma in un certo senso è anche diventato il nostro marchio…
Verena Duregger: Abbiamo vissuto i primi colloqui sul cancro come una “prima”, il nostro obiettivo era quello di rendere il tema del cancro socialmente accettabile. E ci siamo riusciti. Per la seconda edizione non avevamo più bisogno di giustificarci, di spiegare perché questo tema sia così difficile. La nostra sfida “Parliamone” è stata accolta in pieno. Sono orgogliosa di essere riuscita a portare sul palcoscenico dell'UFO il Who is Who della medicina interna-oncologica altoatesina. E non solo sul palco. Medici vicini al malato. Bastava osservare quante persone durante le pause si sono avvicinate ai diversi relatori e con che disponibilità sono state accolte. Per me personalmente, il cuore dei Colloqui sul Cancro di Brunico rimane comunque la parte dedicata ai pazienti e alle loro storie. Certo ci vuole un gran coraggio per esporsi così. Ma avere la storia vera, la testimonianza presentata in prima persona, poter almeno in parte capire cosa sta succedendo a queste persone, questo penso sia unico. Questo dà coraggio. È vero, il cancro è tragico, sempre. Anche se va bene, lascia il segno. Non è un problema che una volta risolto possa dirsi davvero concluso. Ma ho avuto l'impressione che all'UFO siano stati presenti la serenità, il sorriso, una certa leggerezza. Vedere come queste persone, Klaus Gasperi, Barbara Mair o Walther Lücker riescono a vivere la loro vita con e dopo il cancro, questo trovo, sia un’occasione unica, di grande umanità, un contrasto alla paura: il cancro riguarda tutti noi!

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Il motore dei reparti

Film sulle coordinatrici infermieristiche di Oncologia a Bolzano, Merano e Brunico
Soprattutto quando si tratta di cancro, si parla sempre di pazienti e di medici. Ma c’è anche una terza categoria che di solito resta un po’ in secondo piano, anche se meriterebbe un’attenzione particolare. Parliamo del personale infermieristico. Nell’ambito dei 2. Colloqui sul Cancro è stato presentato un film di Verena Duregger e Stefan Ghedina sul quotidiano delle coordinatrici infermieristiche dei reparti oncologici di Brunico, Merano e Bolzano. Loro sono: Margareth Reier (Brunico), Monika Alber (Merano) e Silvia Libera (vicecoordinatrice Bolzano). Un film dedicato a tutte le donne e gli uomini che tutti i giorni si prendono cura dei pazienti e che sono il motore dei reparti. Il film è un ritratto sensibile, il racconto di un lavoro di grandissima responsabilità, che richiede competenza tecnica, ma soprattutto grande capacità empatica. Nessuna delle tre farebbe cambio con un altro reparto. “La sfida è saper mantenere l’equilibrio tra la necessaria vicinanza al paziente e la giusta distanza per proteggerci. Dobbiamo essere disposti all’ascolto, ma anche riuscire a restare neutrali.” Va detto poi che in un reparto così “scientifico” come l’Oncologia, il personale è sottoposto ad un continuo processo di formazione e richiede una dose aggiuntiva di disponibilità e professionalità.