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Lasciare all’oscuro il paziente è ontro la dignità umana

Responsabilità e prevenzione - Nuove terapie - Le sfide del futuro
La comunicazione tra medico e paziente è una parte importante della terapia oncologica. Medici e pazienti non sempre parlano la stessa lingua. E qui non si parla di italiano o tedesco. I colloqui sul cancro di Brunico non si sono posti solo l'obiettivo di parlare apertamente di cancro ma anche di mettere in dialogo le due parti. Con successo.
Il dottor Dr. Hannes Mutschlechner di Brunico ha sottolineato l'importanza del medico di famiglia come collegamento nella rete interdisciplinare. “Il medico di famiglia è il primo interlocutore del paziente come persona di fiducia, ha il compito di informarlo in modo sincero e con la dovuta delicatezza. È lui che in teoria conosce meglio la vita, la famiglia, la storia del paziente." Il medico di famiglia svolge un ruolo molto importante nella prevenzione e nella diagnosi precoce. “Il nostro compito è quello di educare il paziente ad uno stile di vita sano, informarlo su vaccinazioni, elettrosmog, radiazioni al radon, dichiarazione anticipata di trattamento ecc., e nel contempo di contrastare l'incertezza causata da informazioni non qualificate, se non autentiche fake news, spesso elargite a piene mani dal celebre dottor Google. Il medico di famiglia comunica con i servizi, accompagna le terapie, è responsabile dell'assistenza e delle cure palliative. Per svolgere al meglio tutti questi compiti, ha detto il Dr. Mutschlechner, il medico di famiglia non deve essere degradato a mero burocrate e distributore di impegnative. Necessiterebbe di locali adeguati e di un servizio oncologico mobile come supporto per le visite a domicilio.
Il Dr. Guido Mazzoleni, primario del Servizio di Istologia Patologica, ha parlato invece di screening e prevenzione. ”Screening significa fare una diagnosi in un paziente asintomatico. L'obiettivo è quello di utilizzare degli esami non invasivi, affidabili e finanziariamente sostenibili per individuare precocemente le malattie, con l'obiettivo di ridurre la mortalità e, soprattutto, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita." Questi requisiti spiegano perché, almeno per il momento, gli screening proposti dal servizio sanitario pubblico si limitino alla ricerca di solo tre tipi di tumore ponendo anche un limite di età. Va detto comunque che è allo studio anche uno screening per il cancro ai polmoni. Lo screening del cancro alla prostata tramite l’esame del livello di PSA nel sangue, si è invece rivelato parzialmente inaffidabile perché i valori non sempre rispecchiano la situazione reale. Ciò non significa, tuttavia, che gli uomini non debbano farsi esaminare con regolarità. In Alto Adige lo screening del tumore al seno è in corso dal 2000, il PAP test dal 2011 e lo screening del cancro al colon dal 2013. Nel 2017, in media poco meno del 60% della popolazione ammissibile ha approfittato di questa opportunità. Mazzoleni: “Sono troppo pochi! In Trentino arriviamo all'80%. Per contrastare questa situazione in Alto Adige abbiamo escogitato una nuova strategia: con l'invito alla mammografia arriva anche l’appuntamento prefissato.
Il primario di Oncologia di Bolzano, il Dr. Carlo Carnaghi, ha fornito una serie di notizie, buone e meno buone. Quelle buone: gli italiani sono tra le popolazioni più sane al mondo, anche se la spesa sanitaria pro capite grazie al sistema sanitario universale è ben al di sotto della media europea. Negli ultimi anni la spesa pro capite è aumentata meno che in altri Paesi, mentre le prestazioni erogate sono al loro stesso livello! Gli altoatesini poi sono i più sani d'Italia. In media, ogni cittadino raggiunge i 70 anni senza grossi problemi di salute. In Calabria per trovare una situazione media comparabile, bisogna scendere nella fascia di età dei 50enni. I sudtirolesi poi sono molto attivi, nella media italiana sono quelli che si muovono di più. E infatti l'esercizio fisico regolare è uno dei criteri importanti di prevenzione del cancro. E ancora: gli altoatesini fumano meno, soprattutto negli uomini il numero di fumatori è in calo e poi sono meno in sovrappeso della media nazionale. E qui finiscono le buone notizie e iniziano quelle meno buone. Infatti il consumo di alcol pro capite in Alto Adige è più alto che altrove e di conseguenza lo è anche il numero di tumori di testa e collo e al fegato. Inoltre l'Alto Adige ha uno dei tassi più alti d’Europa di cancro alla pelle.
La riforma della chirurgia oncologica e l'introduzione della certificazione stanno dando i primi risultati: il tasso di mortalità post-operatoria dal 2014 è significativamente diminuito. Le strutture periferiche devono essere consapevoli dei loro limiti e allo stesso tempo essere valorizzate qualitativamente integrandole nell'ampia rete oncologica dell'Alto Adige. "Quello che manca in questa provincia sono i centri di ricerca specializzati e non esiste un HUB, un ospedale con un bacino d'utenza di oltre 300.000 cittadini." Secondo il primario di Oncologia Carnaghi, l'obiettivo del futuro sarà quello di stabilire piani terapeutici omogenei e standardizzati per l'Alto Adige e di rafforzare la collaborazione con università e centri di ricerca a livello nazionale e internazionale. “In Alto Adige, anche dal punto di vista clinico, si incontrano diverse culture e scuole di pensiero. C’è un mix di Italia, Germania, Svizzera e Austria. Dobbiamo sfruttare al meglio questo grande vantaggio!"
Secondo Carnaghi, i nuovi modelli terapeutici e farmacologici negli ultimi anni hanno portato a risultati terapeutici che nessuno pensava possibili anche solo due anni fa. “Ma allo stesso tempo, il costo delle cure è aumentato in modo esorbitante. Non si sa per quanto tempo, e qui si pensa già al 2020, il sistema sanitario pubblico sarà ancora in grado di assumersi i costi delle nuove terapie oncologiche."
Medico di base, Dr. Hannes Mutschlechner; Primario di Anatomia e Istologia Patologica, Dr. Guido Mazzoleni; Primario di Onkologia, Dr. Carlo Carnaghi; Primario del Day Hospital oncologico a Merano, Dr. Manfred Mitterer; Primario di Medicina Interna a Brunico, Dr. Stefan Brugger
Il Dr. Manfred Mitterer, Primario del Day Hospital oncologico di Merano, ha presentato un'interessante panoramica sullo sviluppo storico della terapia oncologica. A partire dagli inizi del ‘900, quando Paul Ehrlich sviluppò la prima chemioterapia, per decenni la terapia oncologica è stata caratterizzata da chirurgia, radioterapia e “veleno”, cioè chemioterapie ad ampio spettro. Poi è arrivata la grande svolta attorno al 2000 con l’introduzione dei biomarker e a partire del 2013 con l'immunoterapia. Le terapie di ultima generazione sono basate sul profilo genetico proteico individuale. “Oggi - così il primario Mitterer nel suo intervento - abbiamo dei risultati, per esempio nella terapia del cancro ai polmoni, che solo due anni fa sarebbero stati inimmaginabili!” Lo sviluppo è diventato così rapido che una persona, un medico da solo non è più in grado di seguire tutto. “Ogni settimana vengono pubblicati più di 500 articoli specialistici e la quantità di dati clinici a disposizione è aumentata a tal punto che questa mole di dati può essere gestita solo con l'aiuto dell'intelligenza artificiale. I sistemi di assistenza cognitiva sono il futuro. E il futuro inizia oggi."
Anche il Dr. Mitterer si è occupata nel suo intervento dei costi del sistema sanitario. “Il fabbisogno di medici e personale infermieristico aumenterà del 38% entro il 2020 per il semplice motivo che i pazienti non muoiono più diventando però dei casi cronici da seguire nel tempo. Altro problema di non facile soluzione è la carenza cronica di medici. Mitterer: “Dobbiamo essere in grado di portare i giovani, soprattutto oncologi, in Alto Adige dopo gli studi. Oggi i bravi oncologi si fermano nelle grandi città, ad Amburgo, Berlino, Milano, ma il picco del bisogno è in periferia! E qui abbiamo un problema: dal punto di vista professionale, l’Alto Adige non è competitivo: nessuna ricerca, troppa burocrazia e paghe troppo basse."
Il Dr. Stefan Brugger, primario di Medicina Interna di Brunico, è uno dei giovani medici che invece ha fatto ritorno in Alto Adige dopo aver lavorato per diversi anni a Vienna. La sua relazione ha toccato diversi snodi delicati partendo dal tema “cancro e società”. Prevenzione e senso di colpa: il cancro non è colpa. Anche le persone con lo stile di vita più sano si ammalano. Le terapie non funzionano per tutti i pazienti in egual modo e le reali possibilità di guarigione non sono prevedibili all’inizio della terapia.
Cancro e risorse economiche: ogni anno il costo delle terapie aumenta del 15%. Chi decide quale farmaco usare per quale paziente? Il progresso andrà a beneficio solo di una parte della popolazione e in base a quali criteri? O per far fronte alle spese in netto aumento saranno aumentati i contributi sociali?, si chiede il Dr. Brugger sostenendo che in ogni caso fino ad oggi l'Italia è stata sempre pioniere e un esempio a livello mondiale di sanità pubblica di qualità. Cancro e comunicazione: l'informazione è la chiave di ogni terapia. “Lasciare all’oscuro il paziente è contro la dignità umana!”. Secondo il Dr. Stefan Brugger, uno dei compiti più difficile nel suo lavoro è individuare quando una terapia deve passare da curativa a palliativa. Brugger ha concluso la sua relazione con parole che hanno lasciato il segno: “Il cancro diventa una malattia cronica con la quale si può vivere a lungo e felicemente, ma senza tabù. Io credo nel potere dell'anima, ma fate attenzione agli approfittatori senza scrupoli e ai guru autoproclamati!"
Il sindaco di Brunico, Roland Griessmair

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“Non è il cancro ad aver la regia”

Le interviste ai pazienti: Klaus Gasperi e Barbara Mair, paziente e medico
Klaus Gasperi: "La lotta contro il cancro la lascio ai medici!"
L’intervista ai pazienti è forse il momento clou dei Colloqui sul Cancro di Brunico. Testimonianze, storie di vita vissuta. Come affrontare la malattia, come sopravvivere e come convivere con questa situazione. Verena Duregger e i suoi interlocatori non nascondono niente. È un momento molto toccante e anche incoraggiante. E sono molto coraggiosi anche i pazienti che accettano di parlare apertamente, davanti a tutti, della loro storia. Protagonisti sono il regista e attore di Brunico, Klaus Gasperi e Barbara Mair nel duplice ruolo di medico e paziente.
“Io seguirò in tutto e per tutto quello che mi dicono i medici”, ha detto Gasperi. E sicuramente non correrò dietro alle sirene di qualche presunto santone”. Klaus sostiene di aver combattuto molto nella sua vita, “Ma questa volta la lotta la lascio ai medici". Un atto di fiducia. Ha settant’anni Klaus Gasperi. “Fino ad oggi ho vissuto bene, senza grandi problemi, e certo non inizierò a lamentarmi adesso”. Ha un carcinoma prostatico con metastasi ossee. In vita sua non aveva mai fatto un esame di controllo per la prostata. Qualche anno fa invece ha partecipato allo screening contro il tumore del colon e gli sono stati tolti due polipi. Il cancro alla prostata si è manifestato attraverso dolori alle ossa. Gasperi affronta la malattia con l’atteggiamento di sempre. Aperto. E si accorge che c’è chi ha problemi con questa sincerità. Che ci sono ancora dei tabù. Che qualcuno pur di scansarlo preferisce cambiare lato della strada quando lo vede. “Cerco di vivere come sempre, a parte che mi mancano barba e peli pubici”, scherza. Fa parte del gruppo di auto-aiuto “Der Baum” e sottolinea di quanto importante siano iniziative come questa. Per il resto si affida ai medici ed è rimasto comunque positivamente impressionato dalla competenza sia a Brunico che in Radioterapia a Bolzano. “Comunque, non lascio la regia al tumore. È lui il protagonista in questo momento, ma il direttore artistico resto io!”
Il cancro è entrato invece due volte nella vita di Barbara Mair. La prima nel 2000, quando aveva solo 21 anni. Morbo di Hodgkin. Dopo la terapia cambia corso di studi. Non più storia dell'arte e storia, ma medicina. “Sono rimasta affascinata da questo ambiente e ho fatto una scelta di vita. Mi viene da dire grazie al tumore". Nel 2018 il cancro si ripresenta, questa volta al seno.
Barbara Mair intervistata da Verena Duregger: "Grazie al tumore sono diventata medico!"
Durante la prima malattia è stata fondamentale la rete sociale, le amiche. E così è stato anche dopo, nel 2018. “Abbiamo vissuto insieme le due malattie!” Non ha nemmeno dovuto affrontare da sola la prima radioterapia. nel 2000, che all’epoca era ancora a Trento. Due sue amiche studentesse facevano infatti il tirocinio proprio là. È stata però proprio la radioterapia che verosimilmente ha causato la displasia al seno. Barbara Mair era in maternità quando ha scoperto il piccolo nodulo e suo figlio non aveva neanche un anno e mezzo. “Ho gestito la mia malattia come se fossi una delle mie pazienti", dice la laringoiatra. L’essere medico durante la terapia si è rivelato un vantaggio. “Non avevo metastasi per cui ho fatto in modo di poter iniziare la chemioterapia il prima possibile.” Paure o dubbi nascevano soprattutto dal fatto di essere madre. “Comunque ho investito tutta le mie energie nella guarigione e non in inutili domande senza risposta.” Barbara Mair è un medico tradizionale, ciononostante ha beneficiato anche di terapie complementari e dell’onco-psicologia. “Faccio anche bio-massaggi, esercizi di respirazione o vado nel bosco ad abbracciare degli alberi”, ammette. C’è poi un piccolo momento che non dimenticherà mai: "Quando sono andata da Christoph (Leitner) e gli ho detto che ho un tumore, che era una catastrofe, lui mi ha risposto: "Non è una catastrofe, lo cureremo".
Walther Lücker, il primo paziente salito sul palco lo scorso anno, ha invece raccontato brevemente del vuoto in cui cade il paziente a fine trattamento. “È come essere di colpo rimessi in libertà. All'inizio non sai che fartene. La sfida più importante del periodo del follow-up è affrontare la paura. La paura dell’esito degli esami di controllo, la paura di una recidiva.”