Attuale

Raro ma infausto

Coinvolge il sistema centrale nervoso - più frequente come metastasi cerebrali
L'oncologa Dr.ssa Cristina Dealis e il neurologo Dr. Andrea La Licata si occupano insieme dei pazienti con tumore al cervello
Non è un tumore primitivo molto frequente, ma è un tumore che coinvolge il sistema nervoso centrale, la centrale di tutte le nostre funzioni e la centrale del nostro essere: il cervello. Più frequenti sono le metastasi cerebrali. Nel reparto di neurologia se ne occupa il Dr. Andrea La Licata che lavora in team con l’oncologa Dr.ssa Cristina Dealis.
Il reparto di neurologia all’ospedale di Bolzano si occupa di tutti i disturbi del sistema nervoso centrale e periferico. È suddiviso nella Stroke Unit, centro di eccellenza per l'assistenza multi-professionale al paziente con ictus e la neurologia generale per i vari disturbi del sistema nervoso, le malattie degenerative, l’epilessia, i tumori cerebrali, le malattie infiammatorie del sistema nervoso centrale e periferico. Il reparto di neurologia è diretto da novembre dal Dr. Francesco Teatini, già facente funzione da maggio 2018. Il neurologo Dr. Andrea La Licata si occupa dei pazienti con tumore al cervello o con metastasi al cervello.
Il tumore cerebrale più frequente, circa il 40% dei casi, è il glioma, una neoplasia delle cellule gliali, cellule di supporto che insieme ai neuroni formano il sistema nervoso centrale. I gliomi si manifestano per lo più nel cervello, ma possono coinvolgere anche le meningi, il cervelletto o il midollo spinale. “Il glioblastoma è il glioma con l’incidenza più alta”, spiega il Dr. La Licata. “Si parla di 5 casi su una popolazione di 100.000. È sicuramente tra i gliomi quello con prognosi peggiore, si parla di 12 - 15 mesi.” La prognosi degli altri gliomi è migliore e dipende dal grado di differenziazione e da quanto siano circoscritti o diffusi. Ci sono due picchi di incidenza nella popolazione per quanto riguarda i tumori cerebrali, il primo nell’infanzia , il secondo generalmente dopo i sessant’anni. Trattandosi di un tumore comunque raro e con sintomi molto variabili, non e´possibile effettuare una diagnosi precoce.
Quali possono essere i sintomi? “Un tumore al cervello può manifestarsi in modi diversi”, spiega il neurologo. “Possono essere mal di testa continui che non rispondono alla terapia antidolorifica, possono essere dei disturbi di coordinazione o di vista, disturbi della parola o della sensibilità… Dipende dalla zona del cervello in cui si sviluppa il tumore.” Ad esempio, un tumore localizzato posteriormente, nel lobo occipitale, può presentarsi con problemi visivi, un tumore a livello della corteccia cerebrale, può manifestarsi con disturbi motori, cioé una difficoltà nel movimento degli arti. Ci sono anche pazienti che presentano sintomi psichiatrici, come stati depressivi, alterazioni della personalità o stati di apatia.
Non sono stati individuati finora fattori di rischio accertati per questo tipo di tumori. Dibattuto e controverso il tema riguardante la correlazione tra radiazioni emesse dai cellulari e lo sviluppo di tumori cerebrali “A quanto pare, fino ad oggi non si è potuta riscontrare con certezza una relazione diretta tra la formazione di un tumore al cervello e l’uso del telefonino”, spiega l’oncologa, Dr.ssa Cristina Dealis.
Gli esami diagnostici per individuare un tumore al cervello sono la Risonanza Magnetica, la TAC e la PET TAC. Il primo approccio al paziente con sospetto di glioma cerebrale è in genere di carattere neurochirurgico con scopo sia di ridurre la sintomatologia che di ottenere un campione per l’esame istologico per ottenere una diagnosi più corretta. “Migliore è l’identikit della neoplasia e meglio possiamo impostare la terapia”, spiegano la Dr.ssa Dealis e il Dr. La Licata.
Dopo l’intervento per la rimozione del tumore, in casi selezionati, e dove venga posta indicazione, il paziente viene sottoposto alla chemioterapia, orale o tramite flebo (endovena). “Rispetto al passato, attualmente si evidenzia una migliore tolleranza delle terapie antiblastiche grazie all´utilizzo di farmaci che riducono gli effetti collaterali del trattamento. Una delle difficoltà nella terapia del paziente con tumore al cervello sta nel passaggio dei farmaci della barriera ematoencefalica, una barriera protettiva in grado di bloccare molte sostanze chimiche”, sottolinea la Dr.ssa Dealis.
Una volta rimosso il tumore, i pazienti possono essere seguiti anche negli ospedali di Merano, Bressanone o Brunico, a seconda della sede di residenza.
Ogni lunedì si incontra il tumorboard neuro-oncologico al quale, oltre al Dr. La Licata e alla Dr.ssa Cristina Dealis, partecipano anche il neurochirurgo, il radiologo, il neuropsicologo, il radioterapista, il medico di medicina nucleare e l’anatomopatologo. L’ambulatorio neuro-oncologico, in cui i risultati della discussione multidisciplinare vengono comunicati al paziente, viene tenuto subito dopo. “Per noi è fondamentale la centralità del paziente”, sostengono il neurologo e la sua collega oncologa. “Viene sempre cercata la miglior cura personalizzata per ciascun paziente.” Nonostante la prognosi dei tumori cerebrali non sia delle migliori, anche nelle situazioni in cui sia indicata la sola terapia palliativa, l'obiettivo principale resta comunque la qualità di vita del paziente.
Diversa è la cura delle metastasi cerebrali che restano nel complesso i tumori intracranici più frequenti. Più frequentemente possono essere secondarie a carcinoma del polmone, della mammella, del rene, dell’apparato gastrointestinale o del melanoma. In questi casi la cura è diversa, a secondo dei casi può essere un trattamento neuro-chirurgico, radioterapico/radiochirurgico o chemioterapico. Il Dr. Andrea La Licata: “Le metastasi cerebrali seguono la storia naturale del tumore da cui hanno origine, ma sicuramente la presenza di metastasi cerebrali aggrava la prognosi del tumore primitivo, e la terapia (compreso l'approccio palliativo) dipende da diversi fattori: età del paziente, tipologia di tumore, numero e sede di lesioni, presenza di altre metastasi.”
Non tutti i tumori al cervello sono maligni. I meningiomi, che rappresentano il 15% dei tumori cerebrali, nella maggior parte dei casi hanno un comportamento benigno da cui risulta anche una prognosi migliore. La terapia dipende soprattutto dalla localizzazione e dall’estensione e dalla presenza di sintomi/segni neurologici. La chirurgia o un trattamento radiochirurgico mirato (per esempio gamma knife) si dimostrano spesso curativi.
L'esatta localizzazione di un tumore al cervello e il grado di disseminazione vengono evidenziati con un esame di medicina nucleareL'oncologo Dr. Carlo Carnaghi e il palliativista Dr. Massimo Bernardo

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Una speranza per il futuro?

Non ci sono studi clinici che dimostrano l’effetto curativo della canapa
Dal 2012 in Italia è permesso l’uso farmacologico della cannabis, che viene utilizzata come antidolorifico nei malati cronici ed oncologici, per il trattamento di nausee e vomito causate da chemioterapia e in alcuni casi anche come ansiolitico. Qualsiasi medico è autorizzato a prescrivere la cannabis, che può essere acquistata presentando la ricetta in farmacia. In Alto Adige però, sono solo una dozzina i medici che la prescrivono e non tutte le farmacie sono disposte a fornirla.
L’oncologo
Il dottor Carlo Carnaghi da maggio 2018 è il nuovo primario di oncologia all’ospedale di Bolzano, dopo aver lavorato per più di vent’anni nel reparto di Oncologia dell’Os-pedale Universitario Humanitas di Milano. I medici del reparto di Oncologia a Bolzano, spiega il primario, non prescrivono la cannabis ai loro pazienti. “Riconosciamo che la cannabis è una terapia che sotto determinate circostanze può integrare la terapia del dolore e la terapia della nausea causata da chemioterapia, ma deleghiamo la decisione e la prescrizione della cannabis ai colleghi delle cure palliative, specializzati in terapia del dolore.” Uno dei fondamentali problemi dell’utilizzo della cannabis, secondo Carnaghi, è la titolazione, cioè il dosaggio. “Utilizzandola sotto forma di infuso per esempio non si ha la certezza della dose realmente somministrata al paziente. Non è come una compressa, di cui si conosce la dose esatta.” L’oncologo sostiene di non avere né una posizione a favore né contro la cannabis. “Sicuramente non può essere un’alternativa agli oppiacei, e va utilizzata solo da quando le terapie standard cessano di avere effetto o quando causano troppi effetti collaterali, utilizzandola in combinazione con altri farmaci. Prima che venissi a Bolzano, ho visto utilizzare la cannabis in maniera molto sporadica. In Alto Adige vi è un maggiore utilizzo probabilmente per l’influenza dell’area tedesca, dove il suo utilizzo è più consolidato.” Una cosa però è certa, sottolinea il Dr. Carnaghi: “La convinzione che la cannabis possa contribuire a curare i tumori non è supportata da alcuna evidenza scientifica e pertanto il suo impego in tale ambito va dissuaso.”
Lo specialista in medicina palliativa/terapia del dolore
Il dottor Massimo Bernardo è il responsabile del servizio Hospice e Cure Palliative dell’Ospedale di Bolzano. Il concetto di cure palliative, spiega il Dr. Bernardo, è nato per l’oncologia, anche se non sono solo pazienti oncologici, ma anche tanti pazienti affetti da malattie croniche che necessitano di un’efficace terapia del dolore. “Dal 2012 in Italia tutti i medici possono prescrivere la cannabis terapeutica, ma è solo da circa due anni che abbiamo assistito ad un vero e proprio boom attorno a questa sostanza. Il rischio è che diventi una moda come lo è stata il Metodo di Bella, o invece l’utilizzo dell’artemisia o del vischio per combattere il tumore.” Una moda che purtroppo potrebbe creare false speranze in persone che si trovano in delle situazioni disperate. I prodotti che si trovano in commercio che contengono cannabis o canapa, quali biscotti, olio, tisane, farina ecc. non contengono tutte le sostanze che hanno effetti terapeutici. “Sono come paragonare il papavero che sta nello strudel con la morfina.”
Il Dr. Bernardo ha iniziato ad utilizzare la cannabis nei suoi pazienti qualche anno dopo la legittimazione. “Oggi ho una settantina di pazienti in gestione a cui prescrivo regolarmente della cannabis come antidolorifico, contro le nausee e il vomito o per contrastare l’ansia.” Pazienti che per diversi motivi non tollerano le terapie standard utilizzate di norma o in cui queste terapie non funzionano. Per molti di questi pazienti, sostiene lo specialista della terapia del dolore, la cannabis ha un grandissimo effetto, alcuni dichiarano addirittura che abbia cambiato loro la vita, su altri invece non fa nessun effetto. “È una cosa seria e va gestita con attenzione come l’utilizzo degli oppiacei.”
Le due sostanze più conosciute della cannabis sono il CBD e il THC. Il THC è considerato sostanza stupefacente. “Ma non sono solo queste due sostanze bensì circa altre 300 che insieme determinano l’effetto della cannabis”, sottolinea il responsabile del servizio Hospice e Cure Pallaiative, Massimo Bernardo. Uno dei problemi nell’assunzione di cannabis è la titolazione, trovare il giusto dosaggio. “Funziona come con la morfina”, spiega. “Va adattata ad ogni singolo paziente in modo individuale. Ci sono pazienti a cui basta una dose molto bassa, altri necessitano invece una dose dieci volte più alta.” Oggi attorno alla cannabis ruotano degli interessi economici, è diventata una potenziale fonte di guadagno, dice Bernardo. “E questo mi dà fastidio. I farmaci si comprano in farmacia, sono una cosa seria che va controllata per garantire la serietà della terapia e la sicurezza del paziente!” Il concetto della serietà ovviamente vale anche per la produzione. Ad oggi la cannabis ad uso terapeutico viene prodotta solo in Olanda, in Canada, in Israele, in Australia, in alcuni Stati degli USA e in Italia. La produzione a scopo terapeutico sottostà a controlli molto rigidi. Le piante vengono coltivate in serre sterili, in acqua e non in terra per garantire la purezza del prodotto. La produzione in Italia non è sufficiente per il fabbisogno dei pazienti, dice infatti chi è favorevole alla liberalizzazione della produzione. “Ci sono dei problemi di approvvigionamento”, ammette Bernardo, “soprattutto durante il periodo estivo. Da quest’anno però sono ammesse le importazioni dal Canada e le farmacie non dovrebbero più avere problemi a procurarsi la quantità necessaria di canapa terapeutica.” In questo momento, spiega il Dr. Massimo Bernardo, gli studi sull’uso medico della cannabis sono stati effettuati solamente in vitro, non ci sono quindi prove cliniche che dimostrino un effetto curativo della sostanza. “Sappiamo che ha un effetto antidolorifico e antiinfiammatorio, ma non abbiamo alcuna prova clinica che dimostri un effetto su determinate cellule cancerogene”, ribadisce il responsabile del Servizio Hospice e Cure Palliative. “È comunque una speranza per il futuro!”