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Come in una clinica privata

Con gli occhi delle pazienti: Cosa si prova a essere curate in una Breast-Unit
Come in una famiglia. Mi sono sentita a mio agio. La breast care nurse è il mio angelo custode. Frasi che si sono ripetute in tutte le interviste. E la prova migliore che il concetto di Breast-Unit funziona pienamente. In Alto Adige ce ne sono tre: a Bolzano, a Bressanone e a Merano. Le donne con diagnosi di tumore al seno hanno, fin dal primo momento, un centro e una persona in particolare di riferimento. Nei Centri di Senologia confluiscono tutti i fili. Le breast care nurses coordinano tutto e si prendono cura delle pazienti a 360 gradi. Quattro donne e un uomo – pazienti della Breast-Unit di Bolzano – raccontano.
Rosanna Valcanover
Vive a Trento, ma quando nel novembre 2022 ha avvertito un nodulo – dopo aver visto alla TV un servizio sull’Ottobre Rosa della prevenzione, si era autopalpata – a Trento non c’era nessuna disponibilità a breve per un controllo. Tramite il CUP invece ha trovato subito un appuntamento per la mammografia a Bolzano, alla quale sono seguite l’ecografia e la biopsia. Già il giorno seguente ha ricevuto non solo la diagnosi, ma ha anche conosciuto la sua BCN, Andrea Unterkofler. “È stata il mio angelo in questo incubo.” Ciò che Rosanna ha apprezzato di più: “Non c’erano tabù, potevo chiedere sempre tutto, non solo ad Andrea. Anche il mio chirurgo, il dottor Romano Polato, mi ha sempre spiegato ogni cosa con tanta pazienza, in modo preciso, chiaro e trasparente.” Rosanna ha dovuto affrontare 20 cicli di chemioterapia e ha avuto solo un intervento relativamente piccolo, senza necessità di ricostruzione. “Ricordo un periodo terribile, giorni difficili da vivere. Porto la mia cicatrice come una medaglia. Mi ricorda la battaglia vinta, ma nello stesso momento anche un periodo contrassegnato da sostegno e umanità.” Non dimenticherà mai il primo giorno della chemio: “Andrea mi disse: non vedere la chemio come un veleno, immagina che sia dell’oro puro che ti illumina da dentro. Questa immagine mi ha aiutato. Ogni volta.”
Franziska Seebacher
Una diagnosi shock. “Succede agli altri, non a me”, aveva sempre pensato. E poi si è trovata in una stanza con il medico e la breast care nurse. Era metà novembre 2024. “Dal primo istante mi sono sentita sostenuta dall’intero team della Breast-Unit, che ho percepito non solo come competente, ma anche presente ed empatico. Ho usufruito di tutte le offerte. La psicologa la vedo ancora oggi regolarmente.” Si sentiva sospesa, senza forza, colma di paura, ma allo stesso tempo con la sensazione di potersi lasciare andare, di essere supportata. Quando sono sorte complicazioni, si è sentita compresa e rassicurata. Il chirurgo è stato per lei una persona obiettiva, concreta e chiara e al tempo stesso momento partecipe. “Mi sembrava di essere in una clinica privata. Tutti erano lì per me.” Imprenditrice e madre di tre figli, ha saputo cogliere la malattia come occasione per riorganizzare la sua vita, per ascoltarsi: “per capire ciò e chi mi fa bene!” Ogni giorno fa una passeggiata, si è presa un anno di pausa dal lavoro. “In questo senso, la diagnosi è stata un dono, per ciò che è successo a me come persona. Un’opportunità, non un caso! E che posso vederlo così è anche merito della Breast-Unit, di tutta l’equipe.”
Robert Pfeifer
“Sono sempre l’unico uomo seduto tra le donne, ma non mi dà fastidio.” Robert Pfeifer è ciò che si definirebbe un ottimista nato, anche se la vita lo ha spesso messo duramente alla prova. Il tumore al seno è stato solo l’ultima. Sotto la doccia ha scoperto un nodulo sotto il capezzolo. Per puro caso. La diagnosi di tumore alla mammella, lo ha lasciato sorprendentemente tranquillo. Ne parla in modo aperto, non ha timore di far vedere la sua cicatrice, spiegare perché gli manca un cappezzolo. Dopo l’operazione a Bressanone, è seguito a Bolzano per la terapia con Tamoxifene. “La prima volta nella Breast-Unit ero intimorito, ma la breast care nurse Andrea Unterkofler si è presa subito cura di me, sapeva come parlarmi.” Anche se uomo e in un ambiente creato appositamente per le donne, Robert si è sentito accolto e capito nella Breast-Unit. Non dovendo fare chemioterapia, oggi, il suo contatto con la Breast-Unit è più sporadico, limitato ai controlli.
Alessandra Zambarda
Un referto con ritardo. Dopo la mammografia di controllo, per un dubbio le è stata fatta anche un’ecografia. “Tutto ok”, le hanno detto. “Può partire per le vacanze.” Era luglio 2023. Appena arrivata in Toscana con camper, marito e quattro figli, è stata richiamata. Il radiologo, dr. Alessandro Ruiu, si era svegliato nella notte con un dubbio, all’indomani ha ripreso il referto in mano e l’ha richiamata d’urgenza. Diagnosi: una forma infiltrante e altamente aggressiva di tumore al seno. “La mia bcn Elisabetta mi ha detto: 'vai ancora a passare una settimana di ferie con la tua famiglia, ricaricati e poi iniziamo.'" Il 4 agosto ha fatto la prima chemio, 16 in totale. Erano mesi con sempre lo stesso ritmo: lunedì esami del sangue, martedì chemio, da mercoledì a sabato mezza giornata in negozio, sabato pomeriggio e domenica a letto. In ospedale si recava sempre a piedi. Dopo la radioterapia, il 12 gennaio è stata sottoposta a quadrantectomia. “Continuare la vita normale mi ha dato forza e nella Breast-Unit mi hanno incoraggiato a farlo; con la mia bcn Betty si è creato un rapporto speciale, stretto. Dopo ogni chemio mi scriveva: ‘Come stai?’. Ho sempre avuto la sensazione – e vale per tutti quelli che lavorano nella Breast-Unit – che per loro essere lì sia molto di più di un lavoro. È una famiglia.” Adesso è tornata alla sua vita, allo sport. La bicicletta. Quest’estate è salita al passo dello Stelvio, un progetto di prima della malattia: “Ho vissuti i tornanti come la mia chemio. E li ho superati, arrivata sù ho pensato: questa sono io!"
Petra Hofer
Dall’età di 18 anni Petra ha fatto ogni anno una mammografia. Sua madre è morta di tumore al seno quando lei aveva due anni, all'età di 48 anni. Petra oggi ne ha 54. “Ho sempre vissuto nella paura.” A fine novembre 2023, dopo una mammografia eseguita a Trento e dove il seno è stato schiacciato più del solito, le è uscito del liquido dal capezzolo. La prima visita nella Breast-Unit non rilevò nulla. Una risonanza magnetica effettuata a metà dicembre mostrò invece un tumore. Petra vive da sola, il suo compagno dopo la diagnosi si è allontanato. Nella Breast-Unit ha trovato non solo competenza, ma anche il calore e il conforto così importanti in questa situazione difficile. Dopo una prima quadrantectomia, ha dovuto sottoporsi a una mastectomia. “Stavo molto male, mi sentivo così sola, e per questo ho apprezzato ancora di più che nella Breast-Unit fossero sempre disponibili per me, comprensivi e rassicuranti. Mi hanno sempre spiegato tutto. Potevo chiamare o scrivere alle due bcn, Andrea e Betty in ogni momento, e lo stesso vale per i chirurghi, il dottor Romano Polato e il dottor Pasquale Auricchio. A volte scrivevo loro perfino di notte.” Oggi è tornata al suo lavoro di professoressa. Quando sente montare le preoccupazioni insieme alla solitudine, sa a chi rivolgersi. “La Breast-Unit è il mio ancoraggio.”

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Una nuova armonia

Dr. Pasquale Auricchio – Chirurgia oncologica con criteri estetici
È una figura relativamente nuova in sala operatoria: un chirurgo specializzato nella chirurgia oncologica della mammella, ma anche nell’oncoplastica. Il dr. Pasquale Auricchio fa parte dal 2023 del team della Breast-Unit di Bolzano.
Gli interventi mutilanti sulle pazienti con carcinoma mammario appartengono, almeno dai tempi del Prof. Umberto Veronesi, al passato. Oggi, accanto alla chirurgia oncologica e a quella plastico-ricostruttiva, esiste una specializzazione aggiuntiva: la chirurgia oncoplastica. Una specializzazione che lei ha conseguito con un master a Genova.
Dr. Pasquale Auricchio: Esatto. Si tratta di una chirurgia che non applica solo criteri oncologici, cioè la rimozione completa del tessuto tumorale, ma che – nei limiti del possibile – opera anche secondo criteri estetici. Questo tipo di chirurgia avrà un ruolo sempre più centrale in sala operatoria.
Qual è il suo principio fondamentale durante un intervento?
Dr. Pasquale Auricchio: Garantire alla paziente la massima sicurezza oncologica e creare una nuova armonia nell’intero corpo. Il tumore al seno è sempre più spesso una malattia cronica, quando non viene addirittura guarito completamente. Le pazienti vivono molti anni con il risultato dell’operazione, con un corpo che deve corrispondere a criteri estetici, culturali e funzionali. L’oncoplastica non ha l’obiettivo di ottenere il risultato più bello possibile, ma di aiutare la paziente a ritrovare una nuova armonia con il proprio corpo, a riconoscersi in esso e a rimanere se stessa.
Già durante la rimozione del tessuto tumorale può applicare criteri estetici che favoriscono una ricostruzione o consentono di procedere direttamente alla ricostruzione?
Dr. Pasquale Auricchio: Esatto. Esistono diverse tecniche, tutte discusse in precedenza con la paziente. Il rimodellamento, per esempio, in cui il tessuto sano residuo viene riorganizzato per colmare – almeno in parte – la cavità. Oppure la simmetrizzazione, cioè un intervento sull’altro seno per uniformarlo in forma e dimensioni. O ancora il trapianto di tessuti autologhi (prelevati dalla schiena o dall’addome) per mantenere forma e volume del seno nel modo più naturale possibile.
Un intervento oncoplastico ha effetti anche sulle cicatrici?
Dr. Pasquale Auricchio: Le cicatrici visibili, in un intervento al seno indicato dal punto di vista medico, rimangono sempre, anche quando l’operazione segue criteri non soltanto oncologici ma anche estetici. Forse sono più sottili e più piccole. In questo senso è sempre necessario considerare sia gli aspetti fisici sia quelli psicologici della malattia. Devo sempre aver presente cosa posso fare per la mia paziente non solo oggi, ma negli anni a venire. Una cicatrice è sempre un ricordo. Un ricordo di ciò che ha superato – e tengo a usare “superato” anziché “combattuto”, perché “combattere” porta con sé un’idea di violenza. Noi non vogliamo che la paziente viva la malattia come uno scontro: desideriamo accompagnarla e aiutarla a ritrovare una nuova armonia.Dobbiamo anche considerare che il 60% delle pazienti dopo un intervento di chirurgia oncologica della mammella non lavora più, proprio perché questa malattia è estremamente gravosa sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Quando interviene un chirurgo oncoplastico, è comunque necessario coinvolgere anche il chirurgo plastico-estetico-ricostruttivo?
Dr. Pasquale Auricchio: Dipende dal tipo di intervento. Nella maggior parte degli interventi oncoplastici di I e II livello, il chirurgo senologo con formazione oncoplastica può, con un’accurata pianificazione, eseguire autonomamente anche operazioni complesse. Quando invece, per esempio, è prevista l’applicazione di una protesi, preferiamo collaborare da subito con il chirurgo plastico, in modo da integrare entrambe le prospettive e ottenere il miglior risultato possibile. Tutto ciò avviene naturalmente con il coinvolgimento attivo della paziente, che ha il ruolo principale nel processo decisionale.
La cosa più importante per lei nel colloquio con la paziente?
Dr. Pasquale Auricchio: Trasmetterle fiducia e farle capire che può chiedermi qualsiasi cosa, che le spiegherò tutto nel minimo dettaglio. Che il mio obiettivo è un risultato chirurgico che corrisponda ai suoi criteri, ma che il criterio principale rimane sempre la sicurezza oncologica. La paziente, nei limiti del possibile, è libera di decidere quale tipo di intervento desidera; e per poterlo fare devo fornirle tutte le informazioni. E ciò che è fondamentale: deve decidere lei, non il partner, né le figlie, né le amiche.
Esistono diverse possibilità non solo di ricostruzione, ma anche la possibilità di non ricostruire affatto. E ci sono rischi.
Dr. Pasquale Auricchio: È vero, lo Stay Flat è un’alternativa ed è un tema sempre più discusso, e proprio per questo devo informare la paziente in ogni dettaglio. Devo dirle che l’8–20% delle protesi provoca complicazioni, e quali. Che nell’1–2% dei casi una protesi può causare un linfoma. Che, nonostante la massima attenzione nel controllo dei margini chirurgici, nell’8–10% dei casi è necessario un secondo intervento dopo l’analisi istologica del tessuto asportato. Che una protesi potrebbe dover essere sostituita già dopo dieci anni. Che può spostarsi o rompersi. Che ci sono donne che per anni soffrono di dolore o non accettano la protesi, percependola come un corpo estraneo. Devo spiegare anche i rischi della chirurgia con tessuto autologo. E parlare della possibilità dello Stay Flat… Solo se le donne sanno tutto possono prepararsi a ciò che le attende. A questo impegno, a questa filosofia siamo tutti vincolati nel gruppo, così come alla linea indicata dal nostro responsabile, il Dr. Polato: fare tutto il possibile per conservare il capezzolo e puntare sempre al miglior risultato individuale. Se sono motivato, posso scalare anche l’Everest! Le sfide ci migliorano sempre.
Ci sono anche sfide culturali nel rapporto con le pazienti?
Dr. Pasquale Auricchio: Per esempio, tra le pazienti con background islamico può emergere una certa diffidenza verso la chirurgia estetica, e questo devo comprenderlo. Devo avere abbastanza empatia per spiegare che ricercare l’armonia o la simmetria nel corpo non significa aderire a criteri superficiali ispirati a un ideale estetico, ma che in gioco c’è anche la salute psicologica della donna, fondamentale per la guarigione.
Poiché ha menzionato l’aspetto estetico: possono verificarsi anche aspettative sbagliate da parte delle pazienti?
Dr. Pasquale Auricchio: Può succedere che alcune pazienti abbiano aspettative che vanno oltre la malattia e che magari hanno a che fare con una mancata elaborazione della diagnosi o con altri problemi. Ad esempio, pensano: “Questa è la mia occasione per diventare più bella”. In questi casi dobbiamo essere fermi. Spiegare che non è nostro compito eseguire un intervento di pura chirurgia estetica. Il nostro obiettivo primario è la rimozione del tumore, nel modo migliore possibile per la paziente, preservando l’armonia del corpo, la simmetria – e ciò può giustificare anche un intervento sul seno sano, ma non necessariamente. La chirurgia oncoplastica non è chirurgia estetica su richiesta!
Prima ha parlato del gruppo…
Dr. Pasquale Auricchio: La Breast-Unit. Significa lavorare in team, ognuno accanto all’altro, mano nella mano, insieme per il bene delle pazienti, ciascuno con le proprie competenze specifiche. Questa è la base che ci permette di garantire che, con almeno 200 nuove pazienti ogni anno, operiamo secondo i criteri di certificazione più rigorosi, mettendo sempre al centro la singola paziente. La persona.
Oggi il tessuto cancerogeno viene asportato seguendo anche criteri estetici, garantendo comunque la massima sicurezza oncologica.