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Prevenzione, un flop?

da “La Repubblica”, 27 magio 2016)
Non in Alto Adige – Ma partecipano sempre in troppo pochi

La prevenzione tumorale – un flop, ecco il titolo del quotidiano “La Repubblica” del 27 maggio. Un confronto tra i dati delle regioni d’Italia ha evidenziato una discrepanza sia nell’offerta preventiva degli esami che nella risposta della popolazione. Sono sempre in troppi – e questo vale anche per l’Alto Adige – ad ignorare gli inviti agli screening dei tumori.
La ricerca di Repubblica ha confrontato offerta e risposta agli screening nel 2014.: mammografia, pap-test e sangue occulto nelle feci. In tutta Italia il 74% delle donne è stato invitato alla mammografia; il 72% al pap-test e il 67% della popolazione al di sopra di 50 anni ha ricevuto l’invito allo screening per il cancro al colon. Il 57 % delle donne ha seguito l’invito allo screening per il cancro alla mammella, il 41% ha effettuato un pap-test e sempre un 41% della popolazione ha colto l’occasione del test del sangue occulto nelle feci. Uno screening molto semplice, da prendere in farmacia e da fare a casa.
Il primo fatto evidente della statistica - ma per nulla sorprendente - è la differenza nord-sud. Ma non solo. Ci sono regioni del Mezzogiorno come, per esempio il Molise o la Puglia, che arrivano ad un 51% per quanto riguarda le donne che hanno accolto l’invito alla mammografia, mentre in Liguria e in Sardegna sono il 49% oppure il 38%. Impossibile quindi generalizzare!
La Campania, la Calabria e la Sicilia sono le ultime nella statistica. In queste tre regioni sono rispettivamente il 27%, il 38% e il 33% le donne che hanno partecipato allo screening per il tumore al seno. Cifre ancora più basse per il paptest. Nello stesso ordine sono il 33%, il 17 % e il 18 % ad aver aderito. Per lo screening del cancro al colon i numeri sono altrettanti deludenti: il 28 %, il 17 % e il 22 % della popolazione con più di 50 anni ha eseguito il test del sangue occulto.
Ma non è solo colpa della popolazione, se guardiamo quante persone vengono invitate dal servizio pubblico sanitario troviamo numeri sconcertanti: In Calabria per esempio appena l’8% delle donne aventi diritto viene invitato alla mammografia, per il pap-test sono ancora meno: solo il 6%. Questo significa che in questa regione la prevenzione è un fatto personale!
La Basilicata invece si occupa della prevenzione. Addirittura il 100% delle donne viene chiamata alla mammografia, per il colon è l‘80% della popolazione interessata. Il numero delle persone che alla fine partecipa agli esami di screening dimostra che per il pubblico vale la pena investire nella prevenzione: Il 59% delle donne in Basilicata ha fatto il test per il tumore al seno e il 43% ha fatto i pap-test, confortanti anche i numeri delle persone che hanno fatto lo screening per il tumore del colon, il 61%.
Certo chi abita nel nord o nel centro d’Italia è più riguardato. Sono quattro le regioni e province che invitano il 100 % delle persone interessate agli screening: Il Friuli, la Val d’Aosta, l’Emilia Romagna e l’Alto Adige. In Friuli partecipa tra il 56 e il 62%, in Emilia Romagna il 71% delle donne fa prevenzione per il tumore alla mammella ma solo il 50% di loro fa anche il pap-test. Il 56% della popolazione fa il test del sangue occulto. In Val d’Aosta sono il 71% ovvero il 64 % delle donne (seno e pap-test) e il 72 % della popolazione sopra i 50 anni per il test del sangue occulto. Sembra incredibile, ma l’Alto Adige è il fanalino delle regioni al nord. Del 100% di donne invitate alla mammografia si presenta solo il 50%, per il pap-tet sono ancora in meno, vale a dire il 39% e solo il 28% della popolazione invitata fa lo screening per il tumore al colon.
I nostri vicini trentini sono più bravi per quanto riguarda gli screening. Il 73% delle donne fa la mammografia, mentre il 58%fa il pap-test. Il test per il sangue occulto viene effettuato dal 42%. Questo a fronte dell‘84% delle persone interessate che ricevono l’invito.
Questi numeri sono deludenti, soprattutto considerando quanto poco invasivi siano questi test che vengono offerti in modo gratuito dal servizio sanitario pubblico. Quello che balza all’occhio è che sicuramente bisogna investire ancora di più nell’informazione perché la prevenzione diventi un fatto di routine, così come accade con la visita annuale dal dentista o il cambio gomme stagionale!

Non è possibile sbagliare, è tutto descritto, step by stepNon è possibile sbagliare, è tutto descritto, step by step

Stupefacenti sono i numeri relativamente bassi dell’Alto Adige. Il servizio sanitario invita il cento percento degli aventi diritto ai diversi screening, e fino qui siamo esemplari. La risposta però non lo è. Abbiamo non uno ma diversi ospedali dove fare la mammografia o il pap-test, abbiamo tre centri senologici in provincia, il kit per il test del sangue occulto va invece ritirato gratuitamente nelle farmacie. E lo stesso, ripetiamo i numeri: solo il 50 % delle donne si presenta per la mammografia, il 39% per il pap-test e il 28% fa il test per il sangue occulto. Come è possibile? O è invece vero il detto ”non fidarti di nessuna statistica che non hai falsificato tu”?
Un motivo sufficiente per prendere il telefono e chiedere lumi al primario del servizio di Anatomopatologia ed Istologia all’ospedale di Bolzano, nonchè direttore del Registro tumori provinciale, dottor Guido Mazzoleni. Effettivamente, il dottor Mazzoleni relativizza i numeri riportati da Repubblica. “Per quanto riguarda il pap-test sono circa l’80% le donne che effettuano il pap-test. E di conseguenza il tumore al collo dell’utero è diventato del tutto insignificante, appena 20 casi all’anno.”
Diversa è la situazione per lo screening del tumore alla mammella. Secondo i numeri ufficiali, appena il 54% delle donne si prenota per la mammografia. “Attenzione”, dice però Mazzoleni. “Ci sono tante donne che vanno autonomamente a fare la mammografia, prenotano quindi privatamente o magari la fanno in una delle cliniche private.” Anche le donne che ad ogni visita dal ginecologo privato fanno un’ecografia e un test di palpazione del seno non sono contemplate dalla statistica. E quindi sono di più.
Per quanto riguarda lo screening per il cancro al colon, introdotto in Alto Adige solo tre anni fa, i numeri sono invece veramente deludenti! Se poi pensiamo che un po’ meno di metà delle persone che hanno effettuato il test del sangue occulto nel 2013 è stata invitata a sottoporsi alla colonscopia dopo un esito positivo del test e che al 47% di questi è stata successivamente diagnosticata una forma precancerosa o un tumore al colon già conclamato, si capisce bene perché sia legittimo parlare di esito deludente. Questo significa infatti che lo screening funziona e che può salvare delle vite visto che il tumore al colon se trovato in uno stadio precoce (e asintomatico!) è guaribilissimo.
Concludiamo. In Alto Adige la situazione reale è meglio di quella riportata dalla statistica ma è lungi dall’essere perfetta. Sono ancora troppe le persone che non hanno capito quanto importante sia la prevenzione. Soprattutto nelle zone rurali, precisa Mazzoleni, le persone sono molto scettiche. Che fare? Informare, informare e ancora informare! Una missione che l’Assistenza Tumori ha a cuore e prosegue da tanto tempo e con grande impegno!
Lo strumento più efficace

Umberto Veronesi:
Servono ulteriori screening e un’informazione più capillare
È stato Umberto Veronesi, fondatore e direttore a lungo dell’Istituto Europeo del Cancro a Milano che da ministro alla salute nel 2000 ha introdotto lo screening di massa per il tumore alla mammella. Di seguito riproponiamo estratti di un suo intervento su Repubblica, il 27 maggio 2016.
“Gli screening rappresentano (…) l'iniziativa di sanità pubblica più importante per il controllo di alcuni dei tumori più diffusi. Per renderli più efficaci dobbiamo avere obiettivi ambiziosi, capaci di stimolare l'adesione della popolazione agli screening attuali: per il tumore del seno, del collo dell'utero e del colon.
Da ministro della sanità nel 2000 (…) ho dovuto attuare un programma compatibile con le risorse e la cultura di allora: una mammografia ogni due anni a partire dei 50 anni di età. Oggi le nostre conoscenze si sono molto evolute e si è dimostrato che un intervallo di due anni è troppo lungo per ottenere una diagnosi tempestiva. Inoltre i tumori mammari appaiono in età sempre più precoce, quindi il limite dei 50 anni va decisamente abbassato. Dobbiamo pensare ad uno screening in continuità: ecografia annuale da 35 anni, e mammografia a partire dei 40 anni. E per questo tumore dobbiamo porci l'obiettivo “mortalità zero”.
All'Istituto europeo di oncologia abbiamo dimostrato che se il tumore del seno impalpabile - individuabile solo con ecografia, mammografia o risonanza magnetica- e subito trattato chirurgicamente, la percentuale di guarigione è del 99%. Anche per il tumore dell'utero la diagnostica è andata oltre il pap-test. (…) La quasi totalità dei tumori del collo dell'utero è dovuto al virus HPV, Human Papilloma Virus. Oggi disponiamo dell’HPV-test in grado di rilevare la presenza del virus molto prima del pap-test, (…), e disponiamo di un vaccino. (…) La campagna per la vaccinazione gratuita delle dodicenni è partita da qualche anno, fra non pochi problemi di informazione e cultura. Ma la via è segnata ed è una via straordinaria perché nelle generazioni future questo tumore è destinato a scomparire o quasi. In alcune regioni (…) è già stata avviata una campagna per la vaccinazione dei maschi, poiché l'HPV e trasmesso attraverso i rapporti sessuali e il maschio ne è portatore come la donna, ed è la causa di tumori dell'oro faringe e dell'ano. Anche per il tumore del colon possiamo puntare più in alto, (…) proponendo una colonscopia in media ogni cinque anni (dai 10 ai 2 a seconda dei casi) dopo i 50 anni. La colonscopia è infatti in grado di scoprire e allo stesso tempo rimuovere le eventuali lesioni iniziali (polipi).
Infine è indispensabile allargare il principio dello screening ad altri tumori, primo fra tutti quello del polmone che oggi uccide 100 italiani al giorno. È stato dimostrato che con una tac a basso dosaggio annuale ai forti fumatori, la mortalità per cancro polmonare può ridursi dall'attuale 70% al 30%... bisogna aggiornare gli screening (…) e fare una potente e capillare azione informativa che finora è completamente mancata.”

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Uno spazio per l'anima

Inaugurato il Giardino della Musica sul tetto del reparto di oncologia

L’ospedale e in particolare il reparto di oncologia sono luoghi collegati all’immagine della sofferenza e della paura, un ambiente vissuto come disumano, freddo, dominato dalla tecnologia. Nello stesso momento è un luogo di grandissima umanità, un luogo dove ci si prende cura dell’altro, un luogo di guarigione. E cosa c’è di più umano? Gli artisti di “Terrae” hanno trasformato il giardino pensile sul tetto dell’oncologia in giardino della musica.

Primario Dott. Claudio GraiffPrimario Dott. Claudio Graiff

Per aspettare la visita oncologica o la chemioterapia i pazienti ora possono scegliere tra la sala d’attesa del reparto o invece recarsi al piano superiore nel giardino d’inverno, trasformato grazie agli oggetti portati da casa dal personale dell‘oncologia in un ambiente accogliente e confortevole pieno di luce e piante o addirittura nel giardino pensile sul tetto dell’oncologia. Un display chiama anche qui i numeri del mangiacoda.
Alberto Larcher, Giuseppe Dondi, Roberto Rossi e Fabio Seppi della Val di Non hanno “operato” su alcune parti del giardino pensile sopra il reparto d’oncologia per trasformarle in un giardino per la musica, un “Kunst-Garten”. Un luogo d’incontro, di scambio e di condivisione. Un luogo creativo nato dalla forza e dagli elementi della natura: in primis appunto la terra, ma anche l’acqua, i rami, le foglie, le pietre. Aperto non solo ai pazienti di oncologia ma a tutti quelli che gravitano nell’ospedale. Incontro.
A lavorare con “Terrae” Sabine Bortolotti e Annalisa Covi, due artiste giovani altoatesine. Insieme e su invito del primario del reparto di oncologia, Dott. Claudio Graiff, e dell’associazione Alexander Langer e il suo presidente Edi Rabini. Il tutto è nato dall’idea che si curano le malattie non solo con la scienza e con i (chemio)farmaci, ma che ci vogliono anche medicine per l’anima. In questo contesto si inserisce il concetto dei “Donatori di Musica”, progetto portato avanti dal dottor Graiff assieme ai colleghi primari di altri reparti di oncologia in Italia dal 2007 e che vede il reparto almeno una volta al mese trasformarsi in sala da concerto.
Ognuno dei sei artisti ha dato via ad un suo progetto individuale, partendo dalla stessa materia, ma l’insieme parla di armonia e identica e condivisa è la missione: fare arte per far pensare e per far incontrare. Come le note emesse da diversi strumenti o diversi voci di un coro, le installazioni vanno a formare un insieme. E non era un caso che, alla presentazione al pubblico del giardino della musica il 9 giugno scorso, è seguito un concerto dei donatori di musica. Due pezzi di Mozart e Beethoven eseguiti dal Monteverdi Wind Chamber Ensemble sotto la guida di Fabio Neri.
Le opere inserite nel giardino s’intendono come simboli dell‘incontro, dello scambio e dell’insieme. Un albero della vita con appese delle note musicali; due sedie che saranno modificate nel tempo dalle piante; delle anti-gabbie, il progetto che Sabine Bortolotti Annalisa Covi hanno sviluppato insieme, e che saranno conquistate e mutate dalle piante. Tracce di legno e un fiume di pietra rosa della Val di Non.

Il collettivo d'artisti “Terrae” con le due artiste altoatesine. Da sx.: Sabine Bortolotti, Annalisa Covi, Alberto Larcher, Giuseppe Dondi, Alberto Rossi e Fabio Seppi.Il collettivo d'artisti “Terrae” con le due artiste altoatesine. Da sx.: Sabine Bortolotti, Annalisa Covi, Alberto Larcher, Giuseppe Dondi, Alberto Rossi e Fabio Seppi.