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Il futuro sotto il microscopio

Il gruppo di ricerca di Petra Obexer al Tiroler Krebsforschungsinstitut (TKFI)

Stefan Salcher esamina al microscopio a fluorescenza dei mitocondri colorati di una cellula cancerogena del neuroblastoma
Stefan Salcher esamina al microscopio a fluorescenza dei mitocondri colorati di una cellula cancerogena del neuroblastoma


La domenica bisogna dare da mangiare alle cellule cancerogene negli armadi incubatori dell’Istituto di Ricerca Oncologica Tirolese. Un’ora di servizio da fare a turno tra i colleghi del gruppo di ricerca, una domenica al mese a testa. Perché il lunedì bisogna partire con una nuova serie di esperimenti.
Sono delle colture di cellule cancerogene che causano il neuroblastoma e la leucemia. Il neuroblastoma è un tumore che si sviluppa dalle cellule embrionali staminali neuronali che colpisce in età infantile e che si sviluppa non nel cervello ma lungo la colonna spinale, nell’addome o nel torace o sulle ghiandole surrenali. L’età media dei pazienti si aggira attorno ai due anni, ma ci sono anche neonati colpiti da questa forma tumorale. Petra Obexer e il suo team di ricerca, i microbiologi Julia Huber e Stefan Salcher, la dottoranda Petra Cantonati e l’assistente biomedica Lydia Kapferer, analizzano la funzione, la rilevanza ai fini della prognosi e le possibilità terapeutiche della proteine FOXO3. L’obiettivo delle loro analisi è trovare delle sostanze o dei farmaci, che si leghino direttamente a questa proteina modulandone l’attività, nel senso di bloccare la crescità delle cellule cancerogene o di portare direttamente alla morte di queste cellule – tutto questo senza danneggiare cellule sane. Sono diversi anni che il gruppo attorno a Petra Obexer sta focalizzando il proprio lavoro sulla proteina FOXO3 , per il suo ruolo fondamentale nella formazione di tumori maligni e nella sviluppo di resistenze alle terapie non solo nel neuroblastoma ma anche in altre malattie tumorali.
Per i non addetti ai lavori tutto questo può sembrare terribilmente criptico, per Petra Obexer e il suo gruppo di ricercatori è invece il pane quotidiano e nessuno di loro si rende conto di quanto sia quasi incomprensibile il loro linguaggio scientifico.
Per poter differenziare anche visivamente le diverse parti della cellula cancerogena gli scienziati usano dei coloranti: il blu per il nucleo cellulare che contiene il patrimonio genetico; Il rosso per i mitocondri, la centrale energetica della cellula; e il verde per il citoscheletro, ovvero quelle strutture filiformi, che come uno scheletro danno stabilità meccanica alla cellula e ne determinano forma e movimento. Grazie ai coloranti è possibile esaminare i movimenti e le interazioni all’interno della cellula sotto il microscopo.
La proteina FOXO3 si trova per esempio colorata di blu nel citoplasma della cellula. Se una sostanza si lega a FOXO3 questa proteina si muove verso il nucleo e con l’aiuto del microscopio questo movimento è visibile. Come spiega Petra Obexer, sostanze specifiche che si legano a FOXO3 possono impedire la crescità delle cellule cancerogene, se non addirittura portare alla morte precoce delle stesse.
Il focus della ricerca moderna sul cancro è puntato proprio sulle proteine contenute nelle cellule impazzite. Una delle cause del cancro è proprio una disfunzione delle proteine. A causa di mutazioni nei geni oncogenici e nei geni oncosoppressori, cellule sane diventano cellule killer, fuori controllo e dalla crescita incontrollabile. Onco-geni regolano la crescita delle cellule e geni oncosoppressori impediscono la proliferazione di cellule degenerate, funzionano quindi come inibitori di crescita. Devono avverarsi comunque almeno sei o sette modifiche genetiche perché da una cellula sana si sviluppi una cellula cancerogena. Un esempio: Gli scienziati hanno scoperto che nel 30 % delle donne colpite da un tumore alla mammella, c’è all’interno delle cellule cancerogene una concentrazione troppo alta di una proteina che sia chiama HER2. Ed è proprio questo il motivo per cui queste cellule si dividono senza sosta e in modo incontrollato. La ricerca moderna si pone come obiettivo quello di studiare nel dettaglio le funzioni errate di proteine mutate all’interno delle cellule cancerogene per poter trovare delle sostanze che interagiscano con queste cellule mutate uccidendole senza però danneggiare il patrimonio genetico delle cellule sane.

Il team di ricerca di Petra Obexer da sx..: Lydia Kapferer, Julia Huber, Stefan Salcher, Petra Cantonati e Petra ObexerIl team di ricerca di Petra Obexer da sx..: Lydia Kapferer, Julia Huber, Stefan Salcher, Petra Cantonati e Petra Obexer

A questo scopo è indispensabile sapere quali sono le proteine responsabili dello sviluppo del tumore. Mettendo una cellula sana accanto ad una mutata è possibile individuare i cambiamenti all’interno delle proteine. La ricerca moderna si pone l’obiettivo di una terapia personalizzata, vuole trovare delle sostanze che attacchino solamente queste proteine, in modo da poter minimizzare gli effetti collaterali e i danni alle cellule sane dell’organismo. Questo è il futuro! E questo è il punto dal quale partono gli esperimenti di Petra Obexer e del suo team all’Istituto di Ricerca Oncologico Tirolese a Innsbruck. Hanno già scoperto che se in una cellula cancerogena si trovano troppe proteine del tipo XIAP, questa cellula non muore più e quindi non può neanche essere distrutta dalla chemioterapia. Nel 2013 il suo gruppo ha potuto comunicare un risultato all’Università di Medicina di Innsbruck: hanno individuato quattro sostanze che legano la proteina XIAP. Grazie a queste sostanze è possibile riprogrammare le cellule contenenti tanta XIAP in modo da rendere efficace la chemioterapia.
Per trovare sostanze del genere occorre cercare di collaborare anche con le imprese farmaceutiche. Sono state messe a disposizione del gruppo di ricerca 1280 sostanze farmaceutiche approvate come medicamenti e già sul mercato per provare se ci siano delle sostanze capaci di legarsi alla proteina FOXO3 modellandone il comportamento. Nel laboratorio è stato sviluppato un procedimento che fa vedere la reazione all’interno della cellula. Facendo degli esperimenti secondo questo procedura e con tutte le 1280 sostanze messe a disposizione, il team di Petra Obexer ha potuto individuare effettivamente cinque medicamenti già in uso per combattere altre patologie del metabolismo. Al momento si tratta di capire se questi medicamenti siano capaci di vincere la resistenza alla chemioterapia della proteina FOXO3.
Il vantaggio dei test con farmaci già in uso è che in caso di successo, questi medicamenti possono essere introdotti entro breve nella terapia dei pazienti di tumore perché non occorre aspettare l’esito di un processo di ammissione, e anche perché sia le dosi sia gli eventuali effetti collaterali sono già certificati e approvati.
Ogni esperimento nel laboratorio viene documentato manualmente sul libro del laboratorio. Sembra strano in un laboratorio super tecnologico, pieno di apparecchiature e computer, ma è una garanzia che non vengano cambiati dei risultati. Essendo scritto a mano rimane traccia di tutto. In 13 anni di ricerche sono stati riempiti libri su libri che si trovano tutti in uno scaffale del laboratorio. Testimoni fieri del lavoro svolto.
Non è facile seguire le spiegazioni di Petra Obexer e dei suoi collaboratori, troppi termini tecnici per chi non si è più occupato di biologia e di chimica da quando ha lasciato i banchi di scuola. Ma una cosa la si capisce benissimo: svolgono il loro lavoro con grandissimo impegno e assoluta competenza, motivati dal fuoco della passione. Un lavoro fatto di tanti piccoli passi, che sommandosi portano ad un piccolo successo. Non saranno scoperte di valore epocale o da premio Nobel, ma sono dei pezzettini di un mosaico che permetteranno sempre più di risolvere l’enigma di questa malattia. E’ una strada lunga, per lo più in salita che a volte sembra anche senza uscita, ma alla fine ci sarà un nuovo farmaco che permetterà di migliorare la terapia contro il cancro.

Le cellule cancerogene sono immaginazzate in dei tank di azotoLe cellule cancerogene sono immaginazzate in dei tank di azoto

Le cellule cancerogene si trovano in contenitori trasparenti, tenuti in grandi armadi incubatori ad una temperatura di 37° C. Vengono nutrite con una sostanza fatta di zuccheri e fattori nutritivi e di crescita, sali e proteine. Quando proliferanno troppo, bisogna dividerle in diversi contenitori. Le cellule che causano il neuroblastoma si sedimentano sul fondo del contenitore come dell’acciotolato. Le cellule originarie della leucemia invece galleggiano nel liquido nutritivo. Le cellule generate artificialmente vengono acquistate presso ditte specializzate e immaganizzate in grandi tank di azoto.
Al "Krebsforschungsinstitut di Innsbruck" sono attivi in tutto otto gruppo di ricerca. Ognuno studia il comportamento di cellule di determinati tumori: cancro ai polmoni, cancro alla mammella, leucemia ecc. Ogni mercoledì tutti i gruppi si incontrano per condividere il loro lavoro e i risultati ottenuti. Ogni due settimane invece il gruppo di Petra Obexer si riunisce per fare il punto della situazione e per decidere se continuare o meno con una serie di esperimenti. I ricercatori sono giovani, motivati e competenti. Ed è proprio grazie alla struttura privata dell’Istituto di Ricerca Oncologica che degli scienziati giovani hanno la possibilità di fare le loro ricerche in tutta libertà senza essere dipendenti per esempio dall’industria farmaceutica.
Il TKFI mette a disposizione le infrastrutture, i macchinari e tutto quanto occorre nei laboratori, ogni gruppo deve presentarsi a priori con una borsa di ricerca o degli sponsor che garantiscano la copertura delle altre spese, per esempio quelle del personale. Nel caso di Petra Obexer, il suo lavoro è sponsorizzata dall’Assistenza Tumori Alto Adige tramite la vendita delle primule da parte delle Donne SVP. In 15 anni questo ha consentito di metterle a disposizione più di 400.000 euro, utilizzate soprattutto per coprire le spese del personale.
L’Istituto si trova nelle immediate vicinanze dell’Università di Medicina e della Clinica Universitaria di Innsbruck. E’ stato fondato nel 2000 da prof. Raimund Magreiter e Hubert Kuprian e viene gestito dalla "Associazione per la promozione della ricerca sul cancro Tirolo". Si finanzia quasi esclusivamente tramite donazioni. L’istituto dà un contributo importante per la ricerca clinica ed è un’opportunità importante per promuovere dei giovani talenti.

L'analisi di prove del dna delle celluleL'analisi di prove del dna delle cellule


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La ricerca è entusiasmante

Petra Obexer, microbiologa all’Istituto Ricerca Oncologica del Tirolo


Ha lo charme e l’energia di una ragazza, Petra Obexer, microbiologa, ricercatrice al Tiroler Kresbforschungsinstitut e professoressa associata alla Facoltà di Medicina dell’Università di Innsbruck. Una donna con due forti occhi scuri che dicono molto di lei e del suo modo di lavorare.
Da anni è impegnata nella ricerca di nuovi farmaci antitumorali. Il suo lavoro è supportato dall’Assistenza Tumori Alto Adige e dalle Donne SVP che le dedicano per intero il ricavo della vendita delle primule ogni 8 marzo. A Innsbruck è a capo di un gruppo di quattro ricercatori; dalla nascita di sua figlia Chiara tre anni fa, lavora part-time, almeno cinque ore al giorno nel laboratorio al TKFI.
Chance: Da quanto tempo vive a Innsbruck?
Petra Obexer: Dal 1991. Dopo gli studi in Biologia ho scritto la mia tesi e ho concluso il dottorato nel 2000.
Dal dicembre del 2001 lavoro presso il TKFI e dal 2007 collaboro con il reparto di Pediatria II della Clinica Universitaria di Innsbruck. Nel 2010 ho preso l‘abilitazione in Patofisiologia sperimentale all’Università di Innsbruck e dal 2011 sono professoressa associata della Facoltà di Medicina all’Università di Innsbruck.
Chance: E’ sempre stato il suo obiettivo quello di occuparsi di ricerca oncologica?
Petra Obexer: No, anzi. Durante i primi anni dei miei studi sono stata molto affascinata dalla zoologia, dall‘ornitologia e dalla genetica. L’interesse per la ricerca nell’ambito della medicina è nato mentre ho scritto la mia tesi in microbiologia che trattava di un tema correlato ai pazienti che hanno subito un trapianto d’organo.
Chance: Cosa significa per Lei la ricerca?
Petra Obexer: La ricerca è entusiasmante, è varia ed è creativa. Anche se soprattutto per noi donne non è un ambiente molto favorevole. Soprattutto ai livelli più alti ci sono pochissime donne. Non è infatti facile conciliare una settimana lavorativa di sessanta e più ore con la famiglia.
Chance: Torniamo alla ricerca entusiasmante…
Petra Obexer: Sì, è entusiasmante perché c’è sempre da scoprire qualcosa di nuovo, intraprendere nuove strade, trovare il modo giusto per dimostrare un’ipotesi, fare sperimentazioni su sperimentazioni e lasciarsi sorprendere da risultati non sempre scontati.
Chance: In effetti, le sperimentazioni possono anche fallire.
Petra Obexer: Certo, eccome. Capita di finire in un vicolo cieco, ma anche il fallimento fa parte della ricerca, e in un certo senso ogni fallimento è anche un risultato. Devo chiedermi, cosa significa, cosa mi vuol comunicare la natura e anche questo porta a un risultato.
Chance: E perché fa ricerca sul cancro?
Petra Obexer: Perché è un tema che prima o poi tocca ognuno di noi. Direttamente o perché c’è un amico, una collega, un familiare... La mia motivazione è molto forte. Poter contribuire a creare le condizioni perché non sopravvivano l’80 % dei pazienti malati di tumore ma il 90 % e oltre, è una sfida elettrizzante. Come contribuire a trovare terapie meno pesanti con meno effetti collaterali possibili. Evitare le recidive. Riuscire a trovare nuove combinazioni di sostanze affinché il dosaggio possa essere ridotto. Oh, di motivazione ce ne tante, eccome!
Chance: E Lei? Ha paura del cancro?
Petra Obexer: Diciamo che da quando sono diventata madre sono più sensibile a questo tema, non per me ma per mia figlia. Certo, se mi trovassi a confrontarmi con la diagnosi di un cancro, anch’io penserei in un primo momento al peggio e non riuscirei a pensare “tanto è tutto sotto controllo”. Io personalmente, per esempio, prendo la prevenzione molto sul serio.
Chance: E‘ nata e cresciuta a Bolzano. Sono 24 anni che vive a Innsbruck. Non pensa mai di tornare?
Petra Obexer: Ci penso e spesso, soprattutto da quando è nata mia figlia. Ma in Alto Adige non esiste un’istituzione come il Tiroler Krebsforschungsinstitut!
Chance: Il legame con l’Alto Adige però è ancora forte?
Petra Obexer: Certo, ho la mia famiglia a Bolzano, tanti amici e poi ho un forte legame con l’Assistenza Tumori Alto Adige e anche con le Donne della SVP che credono nel mio lavoro e mi sostengono. Con i loro fondi posso pagare i miei collaboratori e sostenere delle spese per i materiali, come per esempio i contenitori di plastica o le sostanze nutritive per le cellule cancerogene. Anzi, vorrei cogliere l’occasione e ringraziare l’ATAA e le donne SVP per il loro continuo supporto!
Chance: Accanto alla sua attività di ricerca è impegnata anche nell’insegnamento?
Petra Obexer: Sì, insegno alla facoltà di Medicina nel programma PhD, sono coinvolta nei seminari problemoriented degli studenti di medicina e sono relatrice nelle lauree per studenti master e PhD.
Chance: Quanti collaboratori ha all’Istituto di ricerca a Innsbruck?
Petra Obexer: Al momento sono in quattro. Qualche anno fa erano di più, sia scienziati postlaurea che laureandi, ma lavorando part-time al momento non sono in grado di occuparmi di più persone. A parte il fatto che diventa sempre più difficile trovare mezzi sufficienti per finanziare la ricerca che è molto costosa. I costi per il personale non vengono coperti dall'Istituto di Ricerca Oncologica.
Chance: E di cosa si occupa nel suo tempo libero?
Petra Obexer: Da tre anni il mio tempo libero si chiama Chiara. Ma a parte mia figlia, amo leggere, viaggiare e camminare.