Attuale

Parola d’ordine Erika

Una via d'uscita protetta dalla violenza. Stress psicologico, pressione, adempimento del dovere – un dilemma per molte donne


"O me la ridate com'era o sparo a tutti quanti!" Queste parole "incoraggianti" sono state dette al telefono alla Dr. Elke Hofer dal marito di una paziente che aveva subito un intervento ginecologico, quando lei gli aveva comunicato che l'intervento era andato bene. Violenza contro le donne. Non si può circoscrivere il problema alla Giornata internazionale che ricorre ogni anno il 25 novembre. Non si tratta solo di stupro o omicidio. La violenza è anche verbale, psicologica. È un problema che, in un momento o l’altro della loro vita, tocca il 35% delle donne. Comprese quelle che, a causa del loro stato di salute, magari non "funzionano" come i loro uomini si aspettano.
Il 25 novembre dello scorso anno, il reparto di Ginecologia e Ostetricia più il foyer dell'ospedale di Bressanone si sono tinti di rosso per una settimana. Sedie con scritte rosse, scarpe rosse, manifesti con scritte colorate o grandi scritte nere. Il tema era quello della violenza. In collaborazione con le "Case delle donne" (dove le sedie esposte erano state dipinte e personalizzate con apposite etichette) e il progetto provinciale Erika (consulenza, sostegno e accompagnamento delle donne in situazioni di violenza), la Dott.ssa Yvonne Fauster aveva organizzato una mostra che voleva rompere il tabù intorno al tema della violenza di genere portandolo alla luce all’insegna del motto: "Insieme contro la violenza - per la dignità delle donne".
La mostra ha avuto luogo sei mesi fa, ma le tracce dell’iniziativa rimangono ancora nelle sale d'attesa, nei corridoi e nelle stanze di trattamento del reparto. Manifesti con frasi che attirano l'attenzione come, per esempio: "NONC’ÈNULLADAINTERPRETARE.ÈOMICIDIO" oppure "La violenza è una scelta. La scelta è una responsabilità. La responsabilità è di chi compie la violenza. La violenza ha un colpevole"; oppure ancora "Pensa lui a tutto? È romantico! Ma se è meglio che tu non pensi proprio, È VIOLENZA". Sedie con nomi di donne la cui vita è stata rubata da un’idea distorta di "amore", per possessività. Svetlana, per esempio.
La mostra "Insieme contro la violenza - Per la dignità delle donne"è stata organizzata in relazione all’attuazione delle "Linee guida nazionali per le imprese sanitarie e le strutture ospedaliere in materia di primo soccorso e assistenza sociale e sanitaria alle donne in situazioni di violenza" (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24.11.2017). La ginecologa Elke Hofer è la consulente del reparto di Ginecologia dell’ospedale di Bressanone per il progetto Erika e i cosiddetti percorsi di cura ad esso associati. Se una donna è vittima di violenza e ha urgente bisogno di aiuto (medico), riceve un aiuto immediato e diretto in ospedale tramite la parola in codice “Erika” e viene condotta da sola - senza la persona che l'accompagna - in una stanza dove può essere visitata o dove può parlare liberamente della sua situazione. In relazione a questo progetto, come spiega la Dr. Hofer, vengono organizzati corsi per il personale dell’ospedale con il sostegno di assistenti sociali, rappresentanti delle Case delle Donne, membri delle forze dell’ordine o rappresentanti dell’Ufficio del pubblico ministero, e psicologi. L’anno scorso sono stati quattro, ai quali hanno partecipato un totale di 81 dipendenti.
Dice la Dr. Elke Hofer: “Non è sempre facile riconoscere e affrontare situazioni di violenza. Per esempio, bisogna sapersi confrontare con il fatto che una donna palesemente vittima di soprusi non reagisca come ci aspettiamo quando le si offre l’opportunità di parlare ed aprirsi. D’altra parte, siamo comunque soggetti a un obbligo di denuncia se sospettiamo che si tratti di casi di violenza ripetuti. Pertanto, è importante educare e formare il personale di conseguenza. Con il tempo, tutti noi dobbiamo sviluppare una certa sensibilità al riguardo, capire quando è il momento giusto per fare domande e essere in grado di condurre una conversazione di questo tipo. Bisogna imparare a essere attenti anche ai più piccoli segnali". Una donna che non vuole essere toccata, per esempio, o che si muove nervosamente dondolando avanti e indietro sulla sedia. Da ultimo ma non meno importante, va detto che questo, nel contesto della normale routine di reparto, è anche un problema di tempo. Gli orari delle visite in ospedale sono infatti strettamente cadenzati e questo non aiuta. "Nei vent’anni in cui ho lavorato come ginecologa - prosegue la Dr. Elke Hofer - mi è capitato raramente che una donna dicesse apertamente di aver bisogno di aiuto. Servirebbe una scatola nera, come per gli aerei, per capire cosa è successo, dice provocatoriamente la primaria Sonia Prader. "Qui a Bressanone abbiamo uno dei più grandi ambulatori di ginecologia della provincia. Si sente tanto parlare di droga dello stupro, di violenze. Ma dove sono le vittime, mi chiedo? A Zurigo esiste un ambulatorio a parte per le violenze e si presentano in tre o quattro al giorno!"
Manifesti che vogliono "provocare" e portare alla riflessione
In Alto Adige, spiega la ginecologa Hofer, soprattutto nelle zone rurali, prevale ancora in parte un sistema patriarcale. A volte sono gli avvocati stessi che consigliano alle donne di non sporgere denuncia, perché in caso di dubbio, nella classica situazione “la mia parola contro la tua”, sarebbero gli uomini a vincere. Molte donne sono poi finanziariamente e psicologicamente dipendenti dai loro mariti. Inoltre, i bambini sono spesso testimoni silenziosi e quindi, a loro volta, vittime della violenza. La violenza non è sempre da intendersi solo in termini fisici. Come mostrano i manifesti nel reparto di ginecologia, ci sono molte forme nascoste di violenza: mancanza di rispetto, limitazione e disprezzo della libertà personale, negazione dell'indipendenza finanziaria... Nelle piccole comunità di paese, una donna che osi denunciare una violenza rischia di finire ai margini. "Da un lato si chiede sempre più alle istituzioni di essere presenti, dall'altro, ci si confronta però con il muro impenetrabile del tabù”, sottolinea la primaria Sonia Prader. "È una spirale di violenza che continua a crescere. Nel 2021, le cinque Case delle Donne e i quattro centri di accoglienza presenti sul territorio altoatesino, hanno registrato 619 contatti. Nel 60% dei casi la violenza era nata tra le mura domestiche e nel 65% dei casi i bambini erano coinvolti in quanto testimoni dell’atto di violenza. E questo è certamente solo la punta dell'iceberg. Il numero di casi non segnalati è infatti molto alto", sottolinea la Dr. Elke Hofer, consulente del progetto Erika.
La pandemia da Coronavirus in molti casi ha ulteriormente peggiorato la situazione. Soprattutto durante i primi mesi di lockdown, le donne sono rimaste esposte a situazioni di violenza 24 ore al giorno. Va detto però che, durante il periodo di massime restrizioni, le donne sono state facilitate, in qualsiasi momento e senza formalità, nel poter vedere un medico da sole e farsi visitare.
La gravidanza, la maternità, la menopausa, le malattie - soprattutto (ma non solo) quelle ginecologiche o oncologiche - cambiano una donna, cambiano le sensazioni del suo corpo, la sua psiche e indirettamente, ovviamente, la sua sessualità. Anche questo può portare alla violenza.
Sonia Prader: “Non si parla quasi mai di sessualità durante la terapia. Con l’insorgenza di una malattia tumorale, anche a causa dello stress psicologico, il bisogno sessuale spesso scompare". Il problema è che molte donne vivono questa sfera intima come un dovere. Si sentono in colpa verso il loro partner. Sono sotto pressione e finiscono col piegarsi alla situazione. Una forma di coercizione che è anche una forma di violenza. "Stessa cosa - dice la dottoressa Prader - per le donne in gravidanza, dopo il parto o durante la menopausa. Un cambiamento ormonale, non necessariamente, ma può essere associato ad una perdita di libido". Parlare di questo argomento, anche con il medico curante, spesso però vissuto come un’incursione in un territorio troppo intimo, per cui si preferisce tacere. "Per questo qui in reparto non abbiamo solo psiconcologi ma anche terapisti sessuali".
La campagna internazionale Me-Too ha messo in moto le cose. Con la mostra "Insieme contro la violenza - Per la dignità delle donne" nel reparto e nel foyer dell'ospedale, il reparto di Ginecologia e ostetricia ha voluto fare un passo in più e soprattutto ha voluto sensibilizzare gli uomini rispetto a questo tema. "Una discussione franca e il superamento dei tabù sono un barlume di speranza", dicono le dottoresse Sonia Prader e Elke Hofer. C'è ancora molta strada da fare, perché ancora troppe, e allo stesso tempo troppo poche, donne chiedono di Erika.
Qui trovate aiuto
Qui di seguito i numeri verdi disponibili 24 ore su 24:
Centro di consulenza per le donne in situazioni di violenza e Casa delle donne a Bolzano: 800 276 433
Centro di consulenza per le donne in situazioni di violenza e Casa delle donne a Merano: 800 014 008
Centro di consulenza per le donne in situazioni di violenza e Casa delle donne a Bressanone: 800 601 330
Reperibilità telefonica ad orari restabiliti:
Alloggi protetti a Bolzano: 800 892 828 (dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 12.30 e dal lunedì al giovedì dalle 13.30 alle 17.00)
Centro di consulenza per le donne in situazioni di violenza ed alloggi protetti a Brunico: 800 310 303 (dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.00).

Attuale

Tra le 11 alle 14: sole? No grazie

In aumento le diagnosi di cancro alla pelle – Intervista al Prof. Klaus Eisendle


L'aria fresca è salutare. Anche il sole, ma solo con moderazione. Il numero di casi di cancro alla pelle è in aumento in tutto il mondo e l’Alto Adige è in prima linea. La mentalità outdoor degli altoatesini li spinge spesso a comportamenti imprudenti. Soltanto in Australia, dove le misure preventive sono state diffuse in modo massiccio a partire dagli anni '80, i numeri stanno lentamente diminuendo. E comunque anche lì troppo lentamente.
In ogni caso, un'abbronzatura eccessiva è completamente “out” anche alle nostre latitudini. Tra le 11 e le 14 dovrebbe vigere infatti un rigido "no sun!”. Purtroppo poi, le statistiche in tempi di Covid sono ingannevoli anche per quanto riguarda le cifre del cancro alla pelle e il problema non emerge in tutta la sua rilevanza. Ne abbiamo parlato con il Dr. Klaus Eisendle, primario del Reparto di Dermatologia dell’ospedale di Bolzano.
Quali sono i tumori della pelle più comuni?
Dr. Klaus Eisendle: Il carcinoma a cellule basali (cancro della pelle bianca) è il più comune con circa l'80% dei casi, seguito dal carcinoma a cellule squamose, chiamato anche carcinoma spinocellulare con circa il 16% e dal melanoma (cancro della pelle nera) con il 4%.
Negli ultimi due anni, i numeri sembrano essere in calo...
Dr. Klaus Eisendle: Una falsità assoluta! A causa della pandemia gli screening sono stati cancellati, molte visite sono state bloccate, la gente ha avuto paura di venire in ospedale... Oggi abbiamo a che fare con casi molto più gravi di due anni fa, per la semplice ragione che i pazienti si presentano troppo tardi. Alcuni con tumori grandi già come un pugno sul viso.
Un tumore maligno della pelle può essere prevenuto?
Dr. Klaus Eisendle: Con un po’ di buon senso, sì. Le regole sono molto semplici. Evitare il sole diretto dalle 11 alle 14. Non uscire mai al sole senza un’adeguata protezione solare, cioè con almeno una crema con fattore 30, in faccia 50, e preferibilmente con una maglietta o camicia sottile a maniche lunghe. E poi qualcosa che la gente tende a dimenticare: la protezione solare per le labbra. Oggi abbiamo diversi pazienti che devono farsi rimuovere il labbro inferiore! In Australia i bambini fanno il bagno in mare indossando una tuta integrale.
Ovunque si vada ci si imbatte nel simpatico slogan: slip, slop e slap. Che significa: "slip" - mettere una camicia a maniche lunghe, "slop" - mettere un cappello o un berretto, e "slap" - applicare un’adeguata protezione solare. In Australia, nei cortili delle scuole, ci sono distributori di crema solare ovunque, così come qui ora abbiamo distributori di disinfettanti, e ai bambini non è permesso giocare in cortile nell’intervallo senza copricapo e abbigliamento adeguato.
A quanto pare, il cancro alla pelle colpisce più gli uomini delle donne…
Dr. Klaus Eisendle: Questo è vero. Gli uomini sono generalmente più disattenti rispetto ai mezzi di auto-protezione. Non amano mettere le creme, dimenticano gli occhiali da sole e non proteggono sufficientemente la testa. Soprattutto chi ha meno capelli in testa quando sta al sole dovrebbe sempre indossare un copricapo, perlomeno tra le 11 e le 14 e al sole (e non solo, perché anche le nuvole lasciano passare i dannosi raggi UV).
Il primario Dr. Klaus Eisendle: "È buona norma controllare regolarmente la propria pelle e consultare subito un dermatologo in presenza di anomalie"
É vero che negli ultimi 10 anni ci sono stati molti cambiamenti nella terapia del cancro della pelle?
Dr. Klaus Eisendle: Sì, è vero. Oggi abbiamo a disposizione molte più opzioni nel trattamento del cancro della pelle bianca e nera, e questo fa sì che la terapia possa essere personalizzata: immunoterapia con ipilimumab, anticorpi PD-1 e PD-1L, terapie mirate con inibitori di MEK, BRAF, Hedgehog o anche elettrochemioterapia. Le chemioterapie o l'interferone non sono quasi più utilizzati. Grazie alle terapie target, ora possiamo bloccare le mutazioni in modo molto mirato. Dieci anni fa, circa il 90% dei pazienti con melanoma moriva entro i primi cinque anni dalla diagnosi; oggi, il 50% sopravvive a questo periodo. Le terapie sono molto efficaci, ma costano anche molto. Tra 30.000 e 40.000 euro all’anno e paziente.
Il carcinoma basocellulare è di gran lunga la malattia più comune. Nel suo reparto, quanti casi diagnosticate all'anno?
Dr. Klaus Eisendle: Tra i quattro e i cinquemila. Un numero impressionante se si considera che negli ospedali altoatesini ci sono sette reparti di Dermatologia. I casi complicati vengono trattati o indirizzati a noi, a Bolzano. Ogni anno poi, abbiamo anche diverse centinaia di casi di melanoma.
Il cancro della pelle è una malattia degli anziani?
Dr. Klaus Eisendle: In linea di principio sì. Dopo i 60 anni il numero di casi aumenta. La maggior parte dei casi si verifica tra i 70 e i 90 anni. Ma ora abbiamo anche pazienti di 40 anni con un carcinoma a cellule basali. Dipende sia dalla predisposizione genetica sia dall'intensità e dalla quantità di luce solare a cui ci esponiamo nel corso della nostra vita. Ricordo che comunque è buona norma controllare regolarmente la propria pelle e consultare subito un dermatologo quando si riscontra la minima anomalia. Come per tutti i tumori, prima si interviene è meglio e se si interviene precocemente è anche meno debilitante tutto il ciclo di cure. Le lesioni sospette, in ogni caso, devono essere sempre rimosse e la pelle va controllata regolarmente da uno specialista. Se si hanno molti nei, ogni anno, altrimenti è sufficiente ogni due anni.
Per i bambini, la protezione solare è fondamentale!
Dr. Klaus Eisendle: Verissimo. Sono finiti i giorni in cui i bambini giocavano nudi al sole tutto il giorno e sguazzavano nell'acqua. E chiunque l'abbia sperimentato nella propria infanzia, oggi si trova spesso a fare i conti con le conseguenze di quei comportamenti!
Non bisogna però farsi prendere dal panico…
Dr. Klaus Eisendle: Panico no, serve solo un po’ di prudenza. Soprattutto non dobbiamo cadere nell’eccesso opposto. In Australia, oggi, gli specialisti si trovano per le mani pazienti relativamente giovani che soffrono di osteoporosi perché passano troppo poco tempo all'aperto e prendono troppo poco sole. Mezzora di sole al giorno sulla pelle, favorisce infatti la produzione di vitamina D. La mattina presto o il pomeriggio dopo le 17, si può stare al sole. Con una restrizione, direi, per i trapiantati d'organo, cioè i pazienti con immunodepressione permanente che dovrebbero evitare il sole al 100% e passare il tempo all'aperto solo adeguatamente vestiti.
In Italia, i lettini abbronzanti sono ancora permessi...
Dr. Klaus Eisendle: Ma solo dall'età di 18 anni. Se non volete farvi venire il cancro alla pelle, dovete assolutamente evitarli. In Australia sono stati vietati oltre dieci anni fa.
Nel suo reparto lavorano dodici medici e quattro specialisti in formazione; se aggiungiamo il personale infermieristico, il personale di segreteria e i part-time, si arriva a 60 persone.
Dr. Klaus Eisendle: Il campo della dermatologia è davvero ampio. Abbiamo un day-hospital con quattro letti, un ambulatorio per le ferite, un ambulatorio per le malattie autoimmuni, un ambulatorio per le allergie e un ambulatorio oncologico con un ambulatorio diurno per l'immunoterapia, la chemioterapia, le procedure chirurgiche più complesse, i test allergologici e la desensibilizzazione dei rush. C'è anche un ambulatorio di fototerapia e per la terapia biologica, un ambulatorio per le cure laser, due sale per gli interventi e un ambulatorio per le malattie veneree, che è aperto tutti i giorni. Il reparto ha 14 letti di degenza e un letto per ustionati. Nel nostro centro vengono utilizzate tutte le opzioni terapeutiche per il trattamento del cancro della pelle: chirurgia, crioterapia, chemioterapia e immunoterapia locale topica, terapia fotodinamica, terapia laser, immunoterapia sistemica, chemioterapia e terapia mirata e terapia topica al renio insieme ai nostri specialisti di medicina nucleare, così come l'elettrochemioterapia insieme al nostro reparto di Oncologia.
Sono finiti i tempi in cui i bambini potevano giocare nudi al sole tutto il giorno.