Attuale

Continuare a tessere il filo rosso

La psicologa Regina Bogner continua con i suoi gruppi di auto aiuto online
Fotografia d'archivio, ripresa prima della pandemia da Covid
La tecnologia ha le sue insidie e deve essere padroneggiata. Regina Bogner ha imparato anche questo. La psicologa offre diversi gruppi di auto-aiuto in lingua tedesca per l'Assistenza Tumori, due a Bressanone e uno a Bolzano e ha continuato ad incontrare i membri anche durante i due lockdown. Con successo.
Durante il primo lockdown, Regina Bogner aveva ancora bisogno dell’aiuto tecnico di un membro di un gruppo, esperto in informatica, per organizzare gli incontri online. "Ora ho imparato e mi sento sicura. Non si smette mai di imparare e, non da ultimo, la pandemia ha anche comportato l'abbattimento di certe barriere e pregiudizi della mente", dice la psicologa, ex malata di tumore anche lei.
Il successo degli incontri online è senz’altro dovuto anche al fatto che i gruppi sono piccoli. Il gruppo “parenti di malati” a Bressanone conta tre persone, i gruppi di auto-aiuto a Bressanone e Bolzano sei e quattro persone rispettivamente. Gli incontri si svolgono a distanza di quattro settimane. Tutti i gruppi esistono già da diversi anni. In primavera, tutti i partecipanti hanno approfittato degli incontri online, e anche in autunno, sebbene gli incontri online non siano partiti che dopo la metà di novembre, i gruppi erano completi. "Certo, la prima volta che ci siamo incontrati di nuovo in modo reale a settembre, nella parentesi tra la prima e la seconda ondata, è stato più intenso che non online", sottolinea la psicologa. Ritornare in versione schermo non ha destato entusiasmi, soprattutto in chi già per lavoro passa la giornata davanti al piccolo schermo. Ma, sempre meglio di niente!
L'incontro digitale non può sostituire l'incontro reale, ma aiuta lo stesso a liberare delle risorse e aiuta a mantenere la sensazione di vicinanza – Fotografia d'archivio, ripresa prima della pandemia da Covid
L'obiettivo dei gruppi colloquiali è quello di fornire ai partecipanti informazioni e anche tecniche rilevanti in modo mirato e strutturato, in combinazione con gli effetti del lavoro in gruppo, che aiutano ad affrontare meglio la situazione traumatica della malattia. Ciò vale sia per i gruppi con (ex) pazienti, che per le sedute con i parenti di pazienti oncologici.
Il programma di lavoro nei gruppi è vasto: la trasmissione di informazioni di varia natura sulla malattia, imparare dall'elaborazione del vissuto della malattia e dalle esperienze condivise con gli altri, insegnare tecniche varie che permettano di attivare le risorse personali e sociali, ridurre l'ansia attraverso l’acquisizione di nozioni e l'esperienza dell’insieme, una migliore elaborazione del trauma della diagnosi e la trasmissione di strategie per far fronte a circostanze di vita eventualmente cambiate dopo la malattia e il termine delle terapie."Quello che ho notato", dice Regina Bogner, "che a settembre quando abbiamo potuto riunirci di nuovo in presenza, sono emerse cose diverse rispetto agli incontri online. Nel complesso è stato più intimo.” Tuttavia, secondo la psicologa, anche l’online ha i suoi vantaggi: è stato possibile svolgere determinati esercizi in modo più coerente e impartire le conoscenze teoriche in modo più mirato. Importante era riuscire a cogliere anche tramite lo schermo lo stato d’animo dei partecipanti. Saperlo cogliere là dove emergeva in quello specifico momento, interpretare correttamente gli impulsi che venivano da loro. "E questo richiede un'enorme concentrazione. Le emozioni vengono filtrate dallo schermo, ci vuole più tempo. Ma con un po’ d’esercizio funziona", dice Regina Bogner.
Dopo le sessioni video si ritrova più stanca del solito e probabilmente i partecipanti si sentono allo stesso modo. "Ma in questo periodo particolare che stiamo vivendo, tutto è un po' più faticoso del solito. Non si sa bene cosa porterà il futuro, ci si sente insicuri, impauriti." Ecco perché, dice Regina Bogner, non possiamo lasciare i gruppi a loro stessi. "Dobbiamo almeno mantenere il contatto, dobbiamo continuare a tessere il filo rosso che si è formato in anni di lavoro, altrimenti i gruppi si romperanno e si perderanno diversi anni di lavoro, sia di gruppo che individuale.”
Informazioni: info@krebshilfe.it o Regina Bogner, tel. 347 3615945. I gruppi sono concepiti come gruppi aperti, nuovi membri sono i benvenuti. Gli interessati possono contattare direttamente Regina Bogner,
Tel. 347 361 59 45 – regina_bogner @gmx.net
Fotografia d'archivio, ripresa prima della pandemia da Covid
Scrivere e leggere insieme tramite lo schermo. È possibile? Funziona e molto bene. L’atelier di Scrittura creativa e il Café lettura di Bolzano lo hanno già messo in pratica durante il primo lockdown. E a novembre, dopo appena quattro incontri analoghi nella sede di via Tre Santi con tanto di misurazioni della temperatura, disinfezione delle mani e il mantenimento della distanza, eccoci di nuovo sedute davanti allo schermo.
Certo all'inizio, a marzo, non tutte erano convinte che potesse funzionare online. Le situazioni di emergenza aiutano a superare i pregiudizi e alla fine ha trionfato il desiderio di continuare con l’attività e il potersi ancora incontrare. Una luce nel buio del distanziamento sociale. Quindi siamo di nuovo tornate davanti allo schermo in Zoom. L’appuntamento è ogni mercoledì alle ore 17.30. Claudia e Claudia, Silvia, Katia e Nicole. Durante la prima ondata della pandemia di Covid anche Mariella faceva parte del gruppo, ma ora deve fare da babysitter alla nipotina. Debora purtroppo ci ha lasciato dopo due caffè di lettura per motivi di salute. L’online non fa per lei, ma in primavera si unirà di nuovo al gruppo.
Candele, qualche biscotto e una tisana, questa è la normale cornice degli incontri nella sede del circondario di Bolzano. Non appena ci siamo ritrovate davanti allo schermo in Zoom però è quasi come se fossimo lì. L’atmosfera c’è. Iniziamo come sempre stilando una lista delle cose positive e negative successe dall’ultimo incontro e poi, definite le consegne, si inizia a scrivere. Testi brevi. Haiku o petit onze. Descrizioni. Ognuna a casa davanti allo schermo ma al tempo stesso insieme. Si scrive, si scambia qualche battuta. Siamo in compagnia, cambia solo il format. Terminato di scrivere ognuna legge a voce alta il proprio testo.
Il Café di lettura è un po' più complicato. Normalmente bastava avere un libro e passarselo perché tutte, una dopo l’altra, potessero leggere a voce alta. Con gli incontri digitali invece o si fotografano le pagine, inviandole via mail, o ognuna deve procurarsi il libro, in biblioteca o magari andarselo a comprare. Chi non legge, si mette comodo e ascolta. È bello sentirsi in compagnia. Nel mezzo o dopo la lettura discutiamo di ciò che abbiamo appena letto. In questo momento, a fine novembre, stiamo leggendo il libro del premio Nobel polacco Olga Tokarczuk, “Guida il tuo carro sulle ossa dei morti”, un misto di caso criminale, saggio filosofico e favola istruttiva. È bello incontrarsi, scambiarsi in modo creativo ed intellettualmente stimolante e avere un appuntamento, anche se solo digitale.

L'incontro digitale non può sostituire l'incontro reale, ma aiuta lo stesso a liberare delle risorse e aiuta a mantenere la sensazione di vicinanza – Fotografia d'archivio, ripresa prima della pandemia da Covid


Attuale

“Il mio lavoro è un lusso!”

Tre fisioterapiste da trent’anni a fianco dei pazienti dell’ATAA
Elisabeth Schwingshackl, Maria Teresa Zanoni, Agatha Pallhuber

Tutte e tre hanno preso servizio presso l’ATAA subito dopo aver terminato la loro formazione. Senza alcuna esperienza professionale e in un momento in cui i circondari non avevano ancora delle strutture consolidate. Tutte e tre si sono trovate sole all'inizio, hanno dovuto trovarsi una sede e occuparsi anche delle faccende burocratiche legate alla loro attività. Oggi è diverso. Il linfodrenaggio è diventato sempre più importante e di conseguenza ben organizzato. Come lo sono i corsi di aggiornamento e gli incontri regolari di tutta l'équipe di fisioterapisti dell’associazione.
Oggi non sono più combattenti solitarie. E oggi anche i pazienti sono diversi, come lo è il loro atteggiamento nei confronti della malattia. Tutte e tre dicono una cosa: dopo i primi anni di duro rodaggio, non avrebbero mai voluto fare un lavoro diverso. Quello che è rimasto uguale in tutti questi anni è il loro rapporto empatico con i pazienti. Gli incontri di un'ora sono molto di più che solo un linfodrenaggio "meccanico". Le fisioterapiste hanno sotto le loro mani, non soltanto il corpo del paziente, ma anche la sua anima.
Elisabeth Schwingshackl
"Trent’anni, un tempo estremamente lungo, ma mi sembra ancora ieri. I primi tre anni sono stati molto difficili. Ero giovane e inesperta. Avevo fatto sì domanda all'ATAA, ma in realtà il mio obiettivo era quello di lavorare in Germania. Avevo poi appena iniziato in una clinica specialistica per il linfodrenaggio, quando mi hanno chiamato e mi hanno detto che avrei dovuto iniziare immediatamente. Mi hanno messo le chiavi dell'ambulatorio in mano e basta. I primi tempi mi sono sentita totalmente sopraffatta e poi mi sentivo tutti i sintomi del cancro. Dolori allo stomaco, o al collo e pressione sul torace. Tutto. Con ogni paziente sentivo tutto. Ma poi, man mano mi sono sentita sempre più sicura e sempre più a mio agio. Non mi interessavano gli atleti come pazienti, né mi interessava lavorare in una clinica di salute e bellezza. Sono rimasta affascinata dai miei pazienti nel loro insieme, da ciò che la malattia fa loro, da come la vivono, da come valutano positivamente questa esperienza per se stessi e per la loro vita futura. Quando mi guardo indietro, vedo solo esperienze meravigliose, persone simpatiche. Il mio lavoro è un vero lusso, equivale ad una vincita alla lotteria e quando esco di casa la mattina, non ho mai la sensazione di dovere ma di piacere. Il lavoro è cambiato in questi anni, naturalmente. Quando ero giovane, un paziente quarantenne mi sembrava già vecchio, oggi sono io sulla cinquantina. E ho pazienti che sto curando da trent'anni. Ciò che è cambiato è l'atteggiamento nei confronti della malattia e anche il percorso della malattia. Oggi poi lavoriamo anche a stretto contatto con gli oncologi e i colleghi dell’ospedale. Anni fa tanti pazienti morivano prima, anche a causa delle terapie troppo forti. C'erano soprattutto paura e rispetto nei confronti della malattia, oggi molte persone riescono a vederla come una possibilità di cambiare vita. La malattia come messaggio. Recentemente un paziente mi ha detto: "Tutto avrà un senso, e se poi incontro persone come te...". Come ho detto: il mio lavoro è una vincità al lotto. Puro lusso!
Maria Teresa Zanoni
Trent'anni e sono volati come niente. Quando mi guardo indietro, non mi sembra mai di pensare a qualcosa di pesante. Ho sempre lavorato con entusiasmo e ho sempre avuto la fortuna di poter unire tutti i miei interessi nel mio lavoro di fisioterapista: sono anche allenatrice di nuoto e per tanti anni ho anche gestito i corsi di ginnastica in acqua. Mi interessano le persone e il nostro lavoro va ben oltre la manipolazione del linfodrenaggio. Siamo a stretto contatto con le persone. Prima di iniziare a lavorare come fisioterapista, ho studiato per quattro anni psicologia. Questo mi ha aiutato immensamente. L'aspetto manuale è solo una parte del nostro lavoro. Dobbiamo entrare in empatia con i pazienti e sostenerli. Cosa posso dire? Trent'anni e non sentirli, avvicinarsi ancora ai pazienti con lo stesso entusiasmo dei primi tempi. Ho visto molti colleghi andare e venire, all'inizio eravamo in sei, ora siamo in due. E ho avuto modo di conoscere anche gli altri circondari, in passato ho fatto delle sostituzioni. Diciamo che è stato un bel viaggio, un regalo. Ogni paziente ti dà qualcosa. All'inizio abbiamo accompagnato i nostri pazienti solo per un po'. Non c'erano ancora le cure palliative. I pazienti erano lasciati a se stessi, è stato particolarmente difficile per i pazienti sopra i 60 anni. Spesso si sono trovati senza alcun sostegno da parte del partner o dalla famiglia. Oggi abbiamo anche pazienti più giovani, ma in confronto al passato, oggi ci si prende carico del paziente a 360 gradi. Anche il nostro lavoro è cambiato, abbiamo l'opportunità di partecipare a tanti corsi di aggiornamento e con le colleghe e il collega siamo diventati una squadra. Questo lavoro è sempre stato una grande gioia per me, mi ha anche permesso di crescere personalmente. Mi sono sempre impegnata al cento per cento con i pazienti, ma senza mai impormi. La vita è una questione delicata e dobbiamo viverla allo stesso modo. La parola "delicatezza"è il mio motto di vita.
Agatha Pallhuber
Mi sembra strano. Già trent'anni? Sono sorpresa di essere rimasta per tutto questo tempo. Ho accettato questo lavoro quando avevo 21 anni. Pochissima esperienza, anzi inesperta. È stato un tuffo nell’acqua gelata. Un anno al massimo, mi sono detta allora... e ora sono ancora qui. E contenta. Ricordo ancora la mia prima paziente. Un giorno si è tolta la parrucca durante il trattamento... è stato uno shock per me. Prima di iniziare a lavorare per l’ATAA ho potuto fare un mese di esperienza lavorativa in una clinica linfologica in Germania, imparando a fare i bendaggi. A quell’ epoca doveva bastare. Oggi invece continuiamo a formarci. Dei corsi interessantissimi. Ho passato i primi cinque anni a Dobbiaco. Tutto da sola. In quegli anni non c’era nessuno all’interno dell’Assistenza Tumori che si occupava di noi fisioterapiste, e spesso mi sono sentita sola. Poi dopo la prima gravidanza sono venuta a lavorare a Brunico, part-time. È stato allora che ho iniziato ad avere contatti con i colleghi. Soprattutto con Elisabeth (Schwingshackl). Tutto questo fa parte della mia vita e non vorrei farne a meno. Ma devo anche ammettere che soprattutto all’inizio ho avuto dei momenti in cui pensavo, ora me ne vado. Ma poi sono andata avanti. E ora sono passati trent'anni. E ho potuto vivere un’esperienza unica. Posso continuare a imparare nuove cose nei bellissimi corsi di aggiornamento, ho dei colleghi con i quali ci sentiamo una squadra e sono in grado di aiutare sempre di più i miei pazienti, grazie anche all’esperienza e le nuove conoscenze, trovare la formula giusta per ognuno. Oggi non è solo linfodrenaggio, linfodrenaggio, linfodrenaggio... Ci sono estratti di erbe, tinture e altri trattamenti. E la conversazione, naturalmente. Quanto parliamo con i pazienti! È fantastico. Abbiamo un'ora intera per ognuno di loro. Niente stress. Possiamo prenderci tutto il tempo necessario, per il bene del paziente, lavorare in tranquillità e serenità. E poi è incredibile, sul piano umano, cosa abbiamo di ritorno dai nostri pazienti. Ogni giorno.