Attuale

Race for the cure

Corsa in rosa per la Terapia del movimento di Merano

Ogni anno le “donne in rosa” della Terapia del movimento del Centro Senologico di Merano si pongono un obiettivo ambizioso da raggiungere: questa volta in agenda c’era Bologna, con la sua gente, le sue associazioni e la gran voglia di fare che caratterizza la città emiliana.
Dieci settimane di preparazione al campo sportivo Combi di Merano con la coach Valentina Vecellio avevano preparato le "ragazze" - come affettuosamente le chiama Valentina - all'impresa, ovvero riuscire a completare i 5 chilometri del percorso bolognese. Il Comune di Merano aveva messo loro a disposizione la struttura per allenarsi.
Arrivato il gran giorno, levataccia alle ore 4 e partenza per Bologna dove le aspettavano ben 20.000 cuori scalpitanti che non vedevano l’ora di sfilare orgogliosi per diffondere il messaggio: la prevenzione salva la vita! Uomini, donne, famiglie e bambini, carrozzine e quattro-zampe al seguito. Una vera festa popolare all’insegna della solidarietà tinta di rosa.
Al traguardo la Terapia del movimento ha colpito ancora: sul palco Valentina orgogliosa con lo stendardo a rappresentare le sue donne premiate come gruppo più numeroso venuto dal nord, accanto a lei Rosanna Banfi, starter e madrina della Race for the cure, organizzata da Komen Italia, e il professor Riccardo Masetti, Direttore del Centro Integrato di Senologia del Policlinico Gemelli di Roma e anima della manifestazione.
Al termine della premiazione il lancio dei palloncini ha siglato il successo della giornata, affinché, con le parole di Masetti, “non si debba un giorno mai più indossare una di queste magliette rosa, perché significa che abbiamo sconfitto per sempre il tumore al seno!”

Attuale

Sulla felicità

Clara Astner (psychooncologa all’ospedale di Bressanone)
Una piccola riflessione per accompagnare il Natale e il fine anno

“La condizione essenziale per la felicità è la disponibilità di essere quel che si è.“ Erasmo da Rotterdam (1469 - 1536)
La mia professione di psicologa è determinata da un’insaziabile curiosità verso il comportamento umano. Rimango tutt’ora sempre sorpresa dal fatto che le persone anche a confronto con delle avversità terribili quali separazioni, morte o malattia riescano a sopravvivere e non solo, riescano a mantenere la loro gioia di vivere, a rimanere soddisfatti, a non cadere in preda alla disperazione e addirittura a vivere una specie di felicità.
La felicità non obbedisce a nessuna regola. Persone ricche non sono più felici di persone più povere, a parte magari a chi vive la povertà assoluta. Chi è in piena salute non è necessariamente più felice di chi è malato. Altrimenti si può dire che chi vive in modo stressato è generalmente meno felice di chi riesce a prendersi del tempo e che i legami sociali come la famiglia, l’amore, la compagnia sembrano dare felicità, mentre chi è solo, spesso è anche infelice. Nello stesso modo anche l’intelligenza e la bellezza non garantiscono la felicità e chi vince la lotteria non di rado rischia di finire in miseria o comunque non è più felice di prima, anzi.
Devo ammettere che mi sta affascinando questa non-causalità e mi chiedo: come mai allora vogliamo avere sempre di più e perché non ci basta mai? Preferisco la strategia del re del Bhutan che punta sulla “felicità interna lorda”, FIL al posto del prodotto interno lordo, PIL. Suona bene, no? Ma attenzione, con questo non voglio dire siate tutti poveri e felici. Ma se mettessimo invece siate tutti contenti e felici?
A Rotterdam esiste il world database della ricerca della felicità. Non sto scherzando, parlo sul serio. I ricercatori dicono che il primo principio di felicità è cominciare da sé stessi. Una premessa della felicità è la calma interiore, che crea serenità. Certo, per arrivare a questo servono dei presupposti. Come per esempio vivere in una società liberale e democratica. “La felicità ha sempre a che fare con la generosità, con l’autonomia, con la possibilità di partecipare alla vita sociale. Con la giustizia e con la formazione (emotiva)”, dice il ricercatore Karlheinz Ruckriegel. E: “Confrontarsi sempre con delle persone che non si potrà raggiungere mai, è il modo migliore per essere infelici.“ Mi sembra giusto! Concentriamoci su di noi, piuttosto di invidiare la condizione di altri. I ricercatori dicono anche che ha più possibilità di essere felice chi riesce a riflettere su sé stesso e a comunicare bene con gli altri e chi riesce a prendere la sua vita attivamente nelle sue mani.
Il ricercatore Ruckriegel è convinto che ognuno sia l’artefice della sua felicità, in quanto ognuno può imparare a assumere un atteggiamento propizio alla felicità, indipendentemente se si tratta di una persona incorreggibilmente ottimista o un pensieroso melancolico.
Se ci impegniamo anche nel nostro piccolo alla creazione dei presupposti per una società che dà a tutti le stesse possibilità, che è supportata da libertà politica e cogestione, se ci dissociamo dal consumo sfrenata e dall’invidia, allora abbiamo buone possibilità di vivere la felicità. In fondo è molto semplice: significa saper cogliere le piccole opportunità e essere generosi verso gli altri e verso sé stessi.
In questo periodo natalizio che rivaluta i legami e i valori, che ci fa (ri)avvicinare Vi auguro di poter vivere tanti piccoli ed intensi attimi di felicità, di saperli condividere e anche di riuscire a immagazzinarli, da tirare fuori nei momenti difficili della vita quando la nostra capacità di essere felici viene messa alla prova.
A tutti voi un felice Natale e Buon Anno!