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Pregare e commemorare insieme

La Giornata internazionale del malato è stata indetta da Papa Giovanni Paolo II

Dal 1993 si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale del malato. Malati, i loro familiari e amici si radunano in tutto il mondo per pregare insieme e per commemorare chi ha dovuto arrendersi alla malattia. Anche nella maggior parte dei circondari dell’Assistenza Tumori Alto Adige i soci s’incontrano l’11 febbraio.
Molti non lo sanno, ma è stato Papa Giovanni Paolo II a indire la Giornata internazionale del malato nel 1993. Il perché è presto detto: è l’anno in cui il pontefice ha reso pubblico il fatto di essere malato di Parkinson, malattia già diagnosticata due anni prima, ma inizialmente tenuta nascosta. Il Papa polacco era molto devoto alla Santa Vergine di Lourdes, santuario a cui vengono attribuito tante guarigioni miracolose.


Lourdes è anche oggi, in un’epoca sempre più secolarizzata in cui tante persone si sono allontanate dalla chiesa cattolica, uno dei luoghi di pellegrinaggio più visitati del mondo.

L’11 febbraio 1858 la quattordicenne Bernadette in una grotta a Massabielle sul fiume Gave du Pau vicino alla cittadina di Lourdes nei Pirenei francesi, aveva avuto la prima di 18 visioni. Sempre la stessa. Una bellissima dama vestita di bianco e con una cintura blu. La grotta era un luogo dove i pastori portavano i porci e dove era uso bruciare le immondizie. Là dentro la ragazza, su indicazione della dama, ha scoperto una sorgente. Oggi la realtà di Lourdes è fatta di pellegrini, ogni anno sono da quattro a sei milioni, che si recano al santuario nella speranza di trovare guarigione.

Giovanni Paolo II è morto di sepsis nel 2005, nell’anno del malato, e il suo successore, Papa Benedetto XVI ha scelto proprio l’11 febbraio 2013 per annunciare le sue dimissioni per motivi di salute.

Una giornata importante quindi, piena di significati. Giornata che anche per l’Assistenza Tumori ha un valore particolare e nella quale la maggior parte dei Circondari chiama i soci per pregare e commemorare insieme, indipendentemente dal fatto che siano credenti o meno. L’importante è stare in compagnia con chi divide lo stesso destino. Solo il circondario Merano Burgraviato non prevede un programma particolare per l’11 febbraio.

“Per noi tutti i giorni sono un giorno del malato”, spiega il presidente Oskar Asam. “Noi viviamo tutto l’anno molto intensamente questo senso di comunità tra i soci e per questo motivo non sentiamo il bisogno della Giornata del malato.”


Die Wallfahrtskirche in LourdesDie Wallfahrtskirche in Lourdes

A Bressanone i soci, i parenti e gli amici dell’Assistenza Tumori si sono incontrati nella chiesa dei Cappuccini per festeggiare la santa messa. Dopo sono rimasti insieme per mangiare un piatto di zuppa d’orzo.

Il circondario Val Venosta ha proposto invece due appuntamenti ai soci. Il primo, la mattina, all’ospedale di Silandro, per assistere all’apertura della sacra porta della misericordia della cappella situata al quinto piano dell’ospedale nell’ambito del Giubileo della Misericordia, mentre nel pomeriggio i soci si sono incontrati per pregare insieme alla cappella Lourdes di Lasa.

Anche in Val Pusteria la Giornata del Malato ogni anno è all’insegna di un piccolo pellegrinaggio dei soci alla chiesetta di Santa Maria per festeggiare insieme la messa. Dopo questo appuntamento, i soci si incontrano in un ristorante vicino alla chiesa per passare il pomeriggio in buona compagnia.

La Giornata del malato è anche tradizione vissuta nei circondari di Bolzano Salto Sciliar e nel circondario Bassa Atesina Oltradige. I soci del circondario Bolzano Salto Sciliar si sono incontrati nel duomo del capoluogo dove il decano Bernhard Holzer ha celebrato una messa bilingue e poi sono stati invitati a mangiare una zuppa nella vicina Casa Kolping.

Infine i soci del circondario Bassa Atesina Oltradige lo scorso 11 febbraio sono stati, come tutti gli anni, ospiti dei frati cappuccini per celebrare la messa e per poi mangiare insieme nel refettorio del convento in compagnia dei frati.

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Dipingere libera l’anima

Corso con Sigrid Trojer, presso il centro di radioterapia della clinica Bonvicini

La terapia oncologica rappresenta un momento decisivo nella vita di ogni malato. Paure, dolori, nausea, debolezza, affaticamento, malessere fisico e psichico accompagnano costantemente le persone che si devono sottoporre a una chemio- o radioterapia. Attività creative come la pittura aiutano a ritrovare la calma.
Oggi sono solo in quattro, Juliska, Gabriele, Christine e Filomena. Sono sedute a due a due, una di fronte all’altra, ai tavolini quadrati della sala polifunzionale della clinica Bonvicini. Cappella, sala riunioni, e ogni venerdì pomeriggio dalle 15 alle 17 atelier per il corso di pittura tenuto dall’artista venostana ed insegnate d’ arte SigridTrojer. Il tutto da gennaio fino a giugno, espressamente per i pazienti del reparto di Radioterapia.

Sull’”altare” troviamo colori, acqua, succhi, biscotti e una radio. Ma al momento è spenta. C’è un silenzio piacevole e rilassato in sala, le donne sono concentrate e chine sul loro lavoro. Tecnica a secco, spiega l’artista SigridTrojer. “Per l’acquarello o la pittura ad olio due ore sono troppo poche e inoltre in questa sala sarebbe complicato utilizzarle. Le partecipanti non potrebbero portare subito a casa i lavori.” Tecnica a secco significa pastelli ad olio o cera, colori per legno, matite e penarelli.

È la prima volta che SigridTrojer lavora con pazienti oncologici. Procede in modo intuitivo e spontaneo. “Non ho voluto che ci fossero degli psicologi, perché non si tratta di arte-terapia, no, noi dipingiamo e basta. La terapia, qualsiasi tipo di terapia, la lasciamo fuori dalla porta!” Per lei è più importante l’uso dei colori, è convinta del potere curativo dei colori. Ogni venerdì propone un tema diverso, che le partecipanti possono interpretare liberamente. Sigrid Trojer passa per i tavoli, dà suggerimenti e piccole indicazioni su cosa si potrebbe ancora migliorare, aiuta se il lavoro si è arenato. Spesso usa la musica come accompagnamento. Suoni positivi per un’atmosfera positiva.


Filomena e Christine e in fondo Gabriele e Juliska apprezzano sia la pittura che il fatto di prendersi due ore dedicate a se stesseFilomena e Christine e in fondo Gabriele e Juliska apprezzano sia la pittura che il fatto di prendersi due ore dedicate a se stesse

Per questo primo venerdì pomeriggio di marzo il tema scelto è la natura morta. Ognuna delle quattro donne presenti lo ha affrontato in maniera diversa. Filomena dipinge luci ed ombre, Christine forme geometriche a matita. Al tavolo a fianco i lavori sono più colorati, qui si stanno usando i penarelli. Il 14 febbraio il tema proposto da SigridTrojer è stato: affari di cuore, un’altra volta si trattava invece del mondo vegetale e un’altra ancora di forme stilizzate.

Non si tratta di creare dei capolavori, ma di sentirsi bene. “La pittura” afferma Sigrid Trojer, “ha un che di liberatorio, arriva direttamente all’anima. Si può passare in pochi minuti dal sentirsi maliconici ad allegri, da oppressi a sereni, da depressi a liberi”.

Juliska ha già dipinto un po’ in passato, “ma niente di artistico!” Il corso di pittura le piace per via della concentrazione. “Sei seduto con il tuo lavoro, ti concentri e tutto il resto scompare come per magia.” Anche Gabriele si gode queste due ore, perché si prende consapevolmente del tempo per sé stessa, senza obiettivi, senza un motivo concreto. Al momento si sente affascinata dal gioco di luci ed ombre. “È come nella vita, devono esserci entrambe perché una cosa sia completa!”

Al tavolo dall’altra parte della sala, siedono Filomena e Christine. Anch’esse completamente immerse nel loro lavoro. Christine vede il corso come del tempo libero da dedicare solo a sé. “Rilassarsi, divertirsi e non prendere tutto in modo troppo rigoroso”. Soprattutto quest’ultimo aspetto è per lei particolarmente importante. “Sono una persona puntigliosa e se dipingendo non è tutto così perfetto, mi fa solo bene!” Dipingendo si impara a conoscere se stessi, si impara a vivere in modo consapevole l’attimo, il “qui e ora”.

Filomena si definisce una persona “artisticamente assolutamente inesperta”. Dalla fine delle scuole elementari non ha più tenuto in mano delle matite colorate e adesso si gusta questa condizione di totale immersione. I problemi esistenziali restano sullo sfondo e si dissolvono quando a tenerci occupati è la questione se sia meglio aggiungere ancora un po’ di ombre oppure no. Quello che qui conta è il momento, il tempo da dedicare a sé. Ciò che tra le quattro mura di casa non si riesce a fare, qui avviene spontaneamente: staccare la spina e trovare la pace interiore.

Anche se le signore lavorano ognuna per sé e silenziosamente, vengono comunque coinvolte dalla sensazione di essere un gruppo. Spesso basta uno sguardo, a volte anche solo un paio di parole, per entrare in contatto. Prima di continuare e far sì che lo spirito e la mano, che conduce la matita sul foglio, divengano una cosa sola.
Anche al personale piacerebbe partecipare
Lei è segretaria presso il reparto di radiologia della clinica Bonvicini. Anita Cairelli si occupa delle iscrizioni al corso di pittura, prepara la sala e archivia le opere. Tutti lavori dei partecipanti al corso vengono fotografati.

È la prima volta che la clinica, con il sostegno della Provincia, dell’Assistenza Tumori, LILT e mamazone, organizza un corso di questo tipo. “È un successo” dice Anita. “Abbiamo richieste anche da parte di persone che non sono pazienti della radioterapia e anche il personale parteciperebbe volentieri. In una società stressata come la nostra c’è bisogno di calma e rilassamento. Ogni venerdì Anita Cairelli è curiosa di vedere che cosa produrranno i partecipanti. “Anche i medici vedono molto positivamente questa iniziativa.”

Il 17 giugno ci sarà l’inaugurazione di una mostra che espone tutte le opere sin lì prodotte. Il numero dei partecipanti è limitato a 10-12 persone. C’è anche la possibilità di portare il partner, un familiare o una persona amica.
“Lo si sottovaluta spesso!”
IDottor Martin Maffei radiologo 
presso il reparto di radioterapiaDottor Martin Maffei radiologo 
presso il reparto di radioterapia
l dottor Martin Maffei è radiologo presso il reparto di radioterapia. Ci tiene molto a sottolineare che il corso non è un corso di arte-terapia. “Non si tratta di rielaborare il vissuto, ma di creare una occasione di incontro spontaneo in un ambiente positivo”. E proprio questo rappresentano anche le opere. “Certe cose vengono sicuramente rielaborate, ma in generale si lascia libero corso al momento. Tutto il resto si sviluppa da sé.”

Non importa se si dipinge o si fa del movimento, i pazienti oncologici, dice Maffei, hanno bisogno di questi momenti senza “costrizione”, in cui non vengono sopposti a terapia, appunto, ma possono essere completamente liberi. “Se emerge ugualmente qualcosa sulla malattia o lo stato d’animo, e di solito succede, questo avviene in modo spontaneo e quindi liberatorio!”. Secondo Maffei, questo aspetto “giocoso” viene spesso sottovalutato.

Ai pazienti fa bene stare tra loro e poter così scambiare esperienze simili senza alcun condizionamento.