Attuale
Esperienza limite
Conferenza Servizio Psicologico Sabes e ATAA:
Tumore – Il crollo della normalità?
Tumore – Il crollo della normalità?
Tante persone hanno seguito con interesse la conferenza del servizio psicologico
“Lei ha un tumore maligno.“ Cancro. Una parola che da un momento all’altro ribalta la vita della persona colpita, ma non solo, anche la vita di chi gli sta vicino. Dopo questa diagnosi niente sarà più come prima. La relazione con se stessi, con la vita, con gli altri. Tutto cambia. In questo momento sembra impossibile, ma nella maggior parte dei casi cambia per il meglio!
Sono stati tre i referenti che sabato 19 marzo al Pavillon des Fleurs a Merano si sono avvicinati al tema “Cancro – esperienza limite” da tre punti di vista differenti. L’oncopsicologo, dott. Norbert Längerer, l’oncologo e filosofo austriaco, dott. Manfred Kanatschnig e il teologo, filosofo e terapeuta di coppia tedesco, dott. Hans Jellouschek. Da tutte e tre le relazioni è emerso un fatto inoppugnabile: Il cancro è un esperienza che sconvolge tutta l’esistenza del malato e tutto il suo mondo. Tante persone in questa situazione hanno bisogno di aiuto professionale e non devono essere lasciate sole con tutte le decisioni che ci sono da prendere e che riguardano la malattia.
Lo psicologo dell’ospedale di Merano, Norbert Längerer ha suddiviso la malattia in diverse fasi. “La diagnosi equivale alla caduta dall’Olimpo“, così Längerer, “mi sto rendendo conto della mia finità.” A questo shock segue la fase del perché. Perché io? Che cosa nella mia vita ha portato a questo? La risposta di uomini e donne è diversa. Gli uomini in genere hanno problemi con le emozioni, si danno delle risposte tecniche. Le donne invece cercano risposte di natura esoterica e psicologica.
Con l’inizio delle terapie la situazione migliora. “Si sta facendo qualche cosa per me, a questo punto il paziente deve solo lasciar fare, non ha responsabilità, ha l’impressione che la vita sta tornando”, ha spiegato l’onco-psicologo. A fine terapia invece lo attende un altro buco nero. ”Il paziente è lasciato a se stesso. Quando mancano il contesto medico, gli appuntamenti, tornano le paure e c’è il rischio di depressione.”
“In questa fase c’è bisogno sia del medico curante che dei congiunti. La guarigione dell’anima richiede molto più tempo che la guarigione del corpo!” Una terapia psicologica può aiutare a ritrovare la fiducia e la gioia di vivere, può aiutare ad accettare il nuovo io, che sarà diverso da quello che era prima della malattia. In questa fase si tratta di capire cosa può fare il paziente, di che cosa ha bisogno, come vuole vivere e che cosa vuole cambiare. “Si tratta di gettare la zavorra, di acquisire nuove sicurezze e un nuovo punto di vista per quanto riguarda l’esistenza.” Il dott. Längerer: “In questo senso la fase post-terapica del cancro equivale alla prevenzione del cancro!“
Lo psicologo dell’ospedale di Merano, Norbert Längerer ha suddiviso la malattia in diverse fasi. “La diagnosi equivale alla caduta dall’Olimpo“, così Längerer, “mi sto rendendo conto della mia finità.” A questo shock segue la fase del perché. Perché io? Che cosa nella mia vita ha portato a questo? La risposta di uomini e donne è diversa. Gli uomini in genere hanno problemi con le emozioni, si danno delle risposte tecniche. Le donne invece cercano risposte di natura esoterica e psicologica.
Con l’inizio delle terapie la situazione migliora. “Si sta facendo qualche cosa per me, a questo punto il paziente deve solo lasciar fare, non ha responsabilità, ha l’impressione che la vita sta tornando”, ha spiegato l’onco-psicologo. A fine terapia invece lo attende un altro buco nero. ”Il paziente è lasciato a se stesso. Quando mancano il contesto medico, gli appuntamenti, tornano le paure e c’è il rischio di depressione.”
“In questa fase c’è bisogno sia del medico curante che dei congiunti. La guarigione dell’anima richiede molto più tempo che la guarigione del corpo!” Una terapia psicologica può aiutare a ritrovare la fiducia e la gioia di vivere, può aiutare ad accettare il nuovo io, che sarà diverso da quello che era prima della malattia. In questa fase si tratta di capire cosa può fare il paziente, di che cosa ha bisogno, come vuole vivere e che cosa vuole cambiare. “Si tratta di gettare la zavorra, di acquisire nuove sicurezze e un nuovo punto di vista per quanto riguarda l’esistenza.” Il dott. Längerer: “In questo senso la fase post-terapica del cancro equivale alla prevenzione del cancro!“
Dr. Norbert Längerer, Dr. Hans Jellouschek, Dr. Manfred Kanatschnig
Il dott. Manfred Kanatschnig, oncologo ed internista, filosofo e direttore del comitato etico della clinica universitaria Klagenfurt e dell’Ordine dei medici della Carinzia invece ha parlato dei limiti delle terapie mediche. “L’essere umano“, diceva, “è l’unico essere che sa di essere mortale!“ Nel passato i medici si comportavano in modo paternalistico, il paziente non aveva nessun diritto decisionale. Oggi invece l’autonomia del paziente va rispettata, oggi la terapia va decisa insieme. “Questo fatto richiede molta sensibilità e tatto al medico.” Si tratta di capire se la decisione del paziente, presa magari sull’onda dell’emozione, corrisponda effettivamente al suo modo di concepire la vita. Bisogna capire se il paziente necessita di una terapia curativa o palliativa o tutte e due insieme. “Sarebbe comunque meglio, iniziare da subito la terapia palliativa assieme alla terapia medica del tumore. Si tratta di guadagnare tempo di vita con qualità di vita in modo palliativo.”
Una terapia tumorale con poca comunicazione e senza misure palliative sarebbe comunque una terapia sbagliata. “In ogni caso la terapia va decisa congiuntamente. Il medico deve prendersi il tempo per parlare con il paziente e deve capire che verità dire al paziente. “Parlare in modo troppo aperto può essere crudele, il non dire invece può derubare il paziente del suo tempo. “È possibile che in certi casi il medico non debba dire proprio tutto, ma quello che dice deve sempre corrispondere alla verità!” Un altro problema menzionato da Kanatschnig è il fattore economico. La medicina moderna è sempre di più combattuta tra esigenze di razionalizzazione e fattori economici. “In nessun caso però il paziente deve diventare un cliente!“
Teologo, filosofo, terapeuta di coppia, autore di diversi libri e – soprattutto – una persona che ha vissuto in prima persona quello che sta dicendo e che anche per questo motivo acquisisce profondità e credibilità. La moglie del dottor Hans Jellouschek, anche lei terapeuta di coppia, è morta di tumore. “Una malattia coincide sempre anche con una crisi di coppia, e al tempo stesso porta a una nuova dimensione di vita e un’alleanza ancora più stabile tramite il comune superamento di questa esperienza e scavalcando la routine di un rapporto pluriennale!”
Il focus non deve essere solo il ritorno alla salute, ma piuttosto il mantenimento della miglior qualità di vita per entrambi sotto l’aspetto sociale, psicologico e fisico. Di solito i due partner reagiscono in modo diverso allo shock della diagnosi. Gli uomini spesso si ritirano, mentre le donne in questa situazione cercano ancora più vicinanza emozionale e dialogo continuo. In questa situazione un terapeuta può aiutare a trovare il giusto equilibrio e a instaurare un dialogo continuo che sta alla base di quella che Jellouschek chiama “relazione stabile”. Tutte le decisioni riguardanti la malattia devono essere prese congiuntamente e devono essere portate avanti insieme. “Quando tutte le sicurezze sembrano crollare, bisogna cogliere l’occasione per ridefinire la relazione di coppia, i ruoli nella coppia e si può riscoprire l’amore.”
Anche nel caso in cui la malattia abbia delle ripercussioni sulla vita sessuale della coppia, per esempio a causa di un tumore alla prostata o per una terapia ormonale della donna, si possano riscoprire nuove dimensioni di vivere l’erotismo, si possano scoprire nuovi modi di stare insieme e di sentirsi appagati. Secondo il dottor Jellouschek ci sono quattro punti fondamentali da rispettare da parte di una coppia che si confronta con una malattia quale il tumore: vivere insieme consciamente il presente, realizzare insieme dei sogni (anche se il tempo sembra contato), coltivare delle amicizie (anche per creare degli spazi liberi per ognuno dei due) e dare spazio ad una qualsiasi forma di spiritualità.
La conferenza è stata organizzata dal servizio psicologico dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige e dall’Assistenza Tumori Alto Adige. La moderazione è stata a cura della dott.ssa Klara Astner, psicologa dell’ospedale di Bressanone. È stata inaugurata dall‘assessora Martha Stocker, da Ulrich Seitz, ufficio ospedali, da Roland Döcker, coordinatore della circoscrizione sanitaria di Merano e dalla presidente dell’ATAA, Ida Schacher.
Una terapia tumorale con poca comunicazione e senza misure palliative sarebbe comunque una terapia sbagliata. “In ogni caso la terapia va decisa congiuntamente. Il medico deve prendersi il tempo per parlare con il paziente e deve capire che verità dire al paziente. “Parlare in modo troppo aperto può essere crudele, il non dire invece può derubare il paziente del suo tempo. “È possibile che in certi casi il medico non debba dire proprio tutto, ma quello che dice deve sempre corrispondere alla verità!” Un altro problema menzionato da Kanatschnig è il fattore economico. La medicina moderna è sempre di più combattuta tra esigenze di razionalizzazione e fattori economici. “In nessun caso però il paziente deve diventare un cliente!“
Teologo, filosofo, terapeuta di coppia, autore di diversi libri e – soprattutto – una persona che ha vissuto in prima persona quello che sta dicendo e che anche per questo motivo acquisisce profondità e credibilità. La moglie del dottor Hans Jellouschek, anche lei terapeuta di coppia, è morta di tumore. “Una malattia coincide sempre anche con una crisi di coppia, e al tempo stesso porta a una nuova dimensione di vita e un’alleanza ancora più stabile tramite il comune superamento di questa esperienza e scavalcando la routine di un rapporto pluriennale!”
Il focus non deve essere solo il ritorno alla salute, ma piuttosto il mantenimento della miglior qualità di vita per entrambi sotto l’aspetto sociale, psicologico e fisico. Di solito i due partner reagiscono in modo diverso allo shock della diagnosi. Gli uomini spesso si ritirano, mentre le donne in questa situazione cercano ancora più vicinanza emozionale e dialogo continuo. In questa situazione un terapeuta può aiutare a trovare il giusto equilibrio e a instaurare un dialogo continuo che sta alla base di quella che Jellouschek chiama “relazione stabile”. Tutte le decisioni riguardanti la malattia devono essere prese congiuntamente e devono essere portate avanti insieme. “Quando tutte le sicurezze sembrano crollare, bisogna cogliere l’occasione per ridefinire la relazione di coppia, i ruoli nella coppia e si può riscoprire l’amore.”
Anche nel caso in cui la malattia abbia delle ripercussioni sulla vita sessuale della coppia, per esempio a causa di un tumore alla prostata o per una terapia ormonale della donna, si possano riscoprire nuove dimensioni di vivere l’erotismo, si possano scoprire nuovi modi di stare insieme e di sentirsi appagati. Secondo il dottor Jellouschek ci sono quattro punti fondamentali da rispettare da parte di una coppia che si confronta con una malattia quale il tumore: vivere insieme consciamente il presente, realizzare insieme dei sogni (anche se il tempo sembra contato), coltivare delle amicizie (anche per creare degli spazi liberi per ognuno dei due) e dare spazio ad una qualsiasi forma di spiritualità.
La conferenza è stata organizzata dal servizio psicologico dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige e dall’Assistenza Tumori Alto Adige. La moderazione è stata a cura della dott.ssa Klara Astner, psicologa dell’ospedale di Bressanone. È stata inaugurata dall‘assessora Martha Stocker, da Ulrich Seitz, ufficio ospedali, da Roland Döcker, coordinatore della circoscrizione sanitaria di Merano e dalla presidente dell’ATAA, Ida Schacher.
Due domanda alla psicologa dott.ssa Klara Astner
Psychologin Klara Astner
Chance: Che obiettivo vi siete posti con questa conferenza, Lei e i suoi colleghi, la dott.ssa Patrizia Donolato (Bolzano), il dottor Norbert Längerer (Merano), il dottor Anton Huber (Brunico) e l’Assistenza Tumori Alto Adige?
Klara Astner: Non doveva essere la solita conferenza scientifica ma volevamo proporre queste tematiche partendo da esperienze ed emozioni.
Chance: Intende che non doveva essere solo dialogo a porte chiuse tra addetti ai lavori?
Klara Astner: Proprio così. Volevamo liberare queste elementi da una prospettiva squisitamente medica portandoli in modo molto aperto e dialogante ad un pubblico eterogeneo fatto di (ex)malati, congiunti, interessati e, ovviamente, anche addetti ai lavori.
Klara Astner: Non doveva essere la solita conferenza scientifica ma volevamo proporre queste tematiche partendo da esperienze ed emozioni.
Chance: Intende che non doveva essere solo dialogo a porte chiuse tra addetti ai lavori?
Klara Astner: Proprio così. Volevamo liberare queste elementi da una prospettiva squisitamente medica portandoli in modo molto aperto e dialogante ad un pubblico eterogeneo fatto di (ex)malati, congiunti, interessati e, ovviamente, anche addetti ai lavori.