Attuale

I maschi e le loro aspettative

Inchiesta: Le proposte che potrebbero attrarre i soci maschi

L’Assistenza Tumori è da sempre dominata dal genere femminile. Anche se ci sono più uomini malati di tumore che donne, gli uomini arrivano appena all’otto per cento dei soci iscritti. Un’inchiesta vuole fare luce sulle esigenze dei soci maschi per capire come incrementarne il numero.
Quando un uomo si ammala, tende ad isolarsi. Non vuole parlare con nessuno, teme che gli altri si immischino e ha paura di “tradire” l’immagine di uomo forte che sa risolvere i suoi problemi da solo.

Psicologa Carmen RaffaPsicologa Carmen Raffa

Il direttivo e i diversi organi dell’Assistenza Tumori rispecchiano questa proporzione. Tante donne sono impegnate, anche trai i volontari, mentre gli uomini sono pochi. Anche l’AGENDA rispecchia la situazione degli iscritti. Lavoretti, fare la maglia, corsi di ceramica, ballare, fare biscotti, lavorare il feltro, come mi trucco durante la chemioterapia … tutte attività che solo difficilmente possono attrarre anche un pubblico maschile. In futuro l’AGENDA potrebbe proporre anche questo: modellismo, andare insieme allo stadio a vedere partite di calcio o altri sport, pescare, birdwatching, lavori di falegnameria. Corsi tagliati anche per un pubblico maschile.

La psicologa Carmen Raffa insieme all’Assistenza Tumori ha elaborato un questionario che è stato inviato a tutti i soci maschi ordinari e sostenitori, da compilare in modo anonimo entro il 15 ottobre. Risposte che arrivino entro il mese di dicembre possono eventualmente ancora essere prese in considerazione. La psicologa Carmen Raffa si augura che la percentuale di ritorno possa essere almeno del 20%. Tenendo presente che per i formulari non servono molto di più di dieci minuti, dovrebbe trattarsi di un obiettivo alla portata.

Nelle risposte si distingue tra diversi gruppi di età: sotto i trent’anni, tra 31 e 51, tra 52 e 65 e sopra i 65 anni di età. Le domande hanno toccato diversi ambiti in cui l’Assistenza Tumori è già attiva. Sostegno e informazione in questioni finanziarie, attività psico-fisiche, tempo libero, informazione e promozione delle capacità creative Complessivamente è stato chiesto agli uomini di pronunciarsi su 29 attività diverse. Per ognuna hanno potuto scegliere tra molto interessante/ utile, interessante/ utile, poco interessante/ utile o invece per niente interessante/ utile. In più è stata data la possibilità di proporre ulteriori due attività a scelta.

Lo scopo di questa inchiesta è quello di poter coinvolgere gli uomini in modo mirato e di aumentare il numero dei soci maschili. Dall’introduzione del questionario: “Il seguente questionario, costruito ad hoc per tale scopo, vuole infatti indagare quali attività ritenete di supporto per la vostra vita attuale e quali di nuove organizzate dall’Associazione potrebbero venire proposte per rispondere ancora di più alle vostre aspettative e ai vostri desideri … Valuteremo la fattibilità delle tue proposte considerando la coerenza con i valori e la politica dell’Associazione e facendo attenzione alle disponibilità finanziarie. L’obiettivo per noi primario resta la promozione del tuo benessere.”

I risultati saranno presentati nella Chance numero 1 del 2016.

Attuale

24 ore su 24!

Studio su come incrementare la qualità di vita dei pazienti palliativi

Le cure palliative, ovvero l’accompagnamento di una persona ad una morte dignitosa possibilmente nel suo ambiente abituale, è una delle sfide più grandi non solo per i parenti ma anche per tutte le professionalità coinvolte in questo percorso senza ritorno. Le premesse perché funzioni sono due: una rete strettamente interconnessa e la possibilità di garantire le cure 24 ore su 24.
L'Assistenza Tumori Alto Adige ha finanziato lo studio “Pazienti palliativi in Alto Adige – Indagine e promozione della qualità di vita“ svolto dall’Accademia Altoatesina di Medicina Generale, AcAMG, realizzato in collaborazione con le Università di Innsbruck e Sigmund Freud di Vienna. In occasione della Giornata Mondiale delle Cure Palliative, lo scorso 10 ottobre, lo studio è stato presentato nell’ambito dell’annuale conferenza stampa dell’Assistenza Tumori Alto Adige.

Lo studio ha avuto inizio nell’ottobre 2014 e ha una durata di due anni. È stato presentato dal dott. Adolf Engl, presidente dell’AcAMG, dalla collaboratrice scientifica Anna Gögele e dal dott. Giuliano Piccoliori, direttore dell’AcAMG.

“Tutti dobbiamo morire un giorno“, ha ribadito il dott. Engl nella sua introduzione. “Ma viviamo come se questo non dovesse mai accadere, fino al momento in cui la malattia ci costringe ad un brutto risveglio.” Quando non c’è speranza di guarire, si tratta di garantire al paziente la miglior qualità di vita possibile tramite il controllo dell’insonnia, dei dolori, delle nausee e dello stato psicologico. La radice di “palliative care” è pallium, cioè mantello, coperta. “Si tratta di alleviare il paziente ma non solo, anche i suoi familiari e chi sta loro vicino in questa fase di vita. Per poter garantire questo occorre un‘ottima collaborazione interdisciplinare tra il paziente, i familiari, e tutti gli attori dell’ambito socio-sanitario e psico-spirituale che gravitano attorno ad esso.” Una rete palliativa.

Due terzi degli altoatesini hanno dichiarato che preferirebbero morire a casa. Questo è il risultato di uno studio pilota. Una grande sfida per il sistema sanitario dell’Alto Adige. Lo studio finanziato dall’Assistenza Tumori analizza l’assistenza domiciliare per verificare cosa funziona bene e cosa invece andrebbe migliorato e inoltre per verificare quanto una supervisione specifica possa incidere sulla qualità del servizio prestato dai medici generali e dal personale infermieristico e sociale del distretto sanitario.

La psicologa Anna Gögele ha illustrato la struttura dello studio e i primi risultati. La partecipazione è su base volontaria, con l’esclusione di pazienti dementi. Per poter partecipare, il paziente deve disporre ancora di una relativa qualità di vita e di autonomia, nonché essere pienamente in possesso delle proprie facoltà mentali. Fino a settembre 2015 erano state esaminate 12 reti palliative in tre momenti distinti. Lo stato prima dell’inizio delle cure palliative, l’evoluzione dopo circa un mese e mezzo e dopo tre mesi e mezzi o dopo la morte del paziente.

I dati raccolti finora confermano che tutti i soggetti coinvolti nella rete giudicano la supervisione positivamente e utile ai fini delle cure. È stato riscontrato un aumento della qualità delle cure prestate e di conseguenza anche della qualità di vita del paziente. Tutti i partecipanti hanno confermato che lo stress psicologico dei familiari (senza la supervisione) e la mancanza di comunicazione tra gli attori si ripercuotono in modo negativo sulla qualità di vita del paziente. I pazienti stessi lo segnalavano come elemento problematico con ripercussioni negative sul quadro generale.

Giuliano Piccoliori, direttore dell’AcAMG e socio del gruppo di studio internazionale “Palliativcare“, ha illustrato in breve il quadro normativo delle cure palliative, ovvero la legge 38/2010. Ogni paziente in fase terminale di malattia, dove misure terapeutiche non sono più efficaci, ha il diritto a tutte le terapie adatte ad alleviare i dolori, a tutelare nei limiti del possibile la propria autonomia e ad avere garantita una vita decorosa. Il legislatore s’impegna inoltre a supportare al massimo tutte le persone coinvolte: medici, infermieri e familiari al fine di garantire un sostegno 24 ore su 24, sette giorni su sette. In Alto Adige non è stata ancora pienamente attuata la legislazione statale in materia. La situazione è che, assieme alla Sardegna, l’Alto Adige è il fanalino di coda in Italia anche per quanto riguarda la trasmissione dei dati sui casi palliativi e sulla creazione di reti informatiche che mettano in collegamento ospedali e territorio. Finora in Alto Adige ci sono solo due hospice, uno a Bolzano e uno a Merano, non esistono ancora né una rete palliativa provinciale né un’assistenza medica (a domicilio) che copra 24 ore su 24 su tutto il territorio. In questo momento le cure palliative, soprattutto per quanto riguarda le esigenze durante la notte e il weekend, sono garantite soprattutto in periferia, dove la disponibilità del medico di base in genere è maggiore.

Il dottor Engl ha infatti individuato proprio nella reperibilità costante del medico di base e nell’istituzionalizzazione del colloquio di consegna del paziente tra ospedale, medico di base e personale del distretto sanitario, i punti cardini delle cure palliative.

Già 18 anni fa in uno studio condotto tra i familiari dei pazienti emergeva che la garanzia di una reperibilità continua del medico di base, anche di notte e anche durante il weekend, sarebbe stato uno dei fattori più rassicuranti per chi si prende cura di un malato in fase terminale. Cosa che, soprattutto in ambito urbano, in Alto Adige resta ancora un’utopia.