Il riordino della chirurgia oncologica


La migliore terapia per tutti

Il presidente della Lega Italiana Tumori, LILT, Dottor Paolo Coser
“Non è una questione personale, non si discute sulle capacità dei singoli medici chirurghi, ma ormai in tutto il mondo si fa così.”
Per il dott. Paolo Coser, presidente della LILT e ex-primario del reparto di Ematologia dell’ospedale di Bolzano, il riordino della chirurgia tumorale non è un atto di sfiducia verso i medici che lavorano negli ospedali periferici. Per la cura di un tumore, così il dottor Coser, è fondamentale che il paziente sia curato in un centro chirurgico certificato. “Non contano le capacitàdel singolo, ma la frequenza con la quale un chirurgo fa certi interventi, conta una certa routine. È ovvio che chi esegue 50 operazioni di un certo tipo in un anno, riesce meglio che chi ne fa cinque.”
Coser sottolinea anche l’importanza del lavoro di team nella cura tumorale.” Oggi non èpiù il singolo medico che deve decidere la terapia, ma è tutta l’equipe che discute il caso e cerca la migliore terapia. Dieci teste pensano meglio di una!”
La LILT è assolutamente favorevole al riordino della chirurgia tumorale, del resto deciso da un gruppo di lavoro di cattedratici dichirurgia di fama internazionale. “È un passo fondamentale a garanzia del paziente e quello che interessa a noi è che tutti abbiano accesso al meglio delle cure.”
Paolo Coser del resto è stato uno dei primi primari in Alto Adige, già diversi anni fa, a sottoporre il suo reparto a parametrieuropei, chiedendone ogni anno la certificazione. “La certificazione non deve fare paura, è una garanzia per il paziente ed è la sfida giusta per chi lavora per il bene dei pazienti e che mira al massimo della qualità per la loro guarigione.”

Il riordino della chirurgia oncologica


Un trend europeo

Stefan Hofer, presidente della Federazione per il Sociale e per la Sanità, FSS
“A partire dal 2015 in tutta l’Europa verrà introdotta la mobilità sanitaria internazionale.“ Questa data, spiega Stefan Hofer, non è una novità."Lo sappiamo da cinque anni e il riordino della chirurgia tumorale neè solo una conseguenza. Non è quindi un’invenzione sudtirolese bensì un trend internazionale.”
Nella sua federazione sono raggruppate più di 50 associazioni attive sul territorio. “Siamo una lobby per gli interessi sociali”, sottolinea Hofer. Anche l’Assistenza Tumori fa parte della federazione.
La FSS sostiene il riordino della chirurgia tumorale e a suo tempo faceva parte della commissione dei 26 che ha delineato la riforma nell’ambito della riforma clinica. “La decisione”, precisa Stefan Hofer, “ è stata presa a grande maggioranza,
20 favorevoli, due astensioni e quattro contrari.” In ogni caso una commissione composta per lo più da medici e addetti del settore.
“Non mi sarei aspettato tutte queste proteste”, ricorda Hofer. “È stato soprattutto l’intentodi garantire l’interesse del paziente a dettare questa decisione,” sottolinea il presidente della FSS. Solo in un secondo momento si è andati a vedere se comportava anche dei risparmi. “Per me è un fatto triste che adesso sembra che si combatta per interessi di mera politica locale o personali e tutto questo sulle spalle dei più deboli, dei pazienti!”
L’Alto Adige conta circa 500mila abitanti, statisticamente ognuno di loro dista in media 11,2 km dall’ospedale più vicino; il 62 % addirittura ancora di meno: 10 km. “Io sono convinto al cento percento che il riordino della chirurgia tumorale non sia un velato tentativo di far chiudere gli ospedali in periferia.” Ci saranno invece dei cambiamenti necessari. “Nella forma attuale non possiamo continuare ad avere sette ospedale in un territorio così piccolo. Non è più compatibile con le risorse disponibili. È ora di cambiare mentalità,“ sostiene Hofer. Per fare la spesa gli altoatesini si recano anche fino a Brescia o a Innsbruck, ma per andare all’ospedale 30 o 40 km sono già troppi…
La chirurgia sarebbe poi solo una piccola parte del trattamento tumorale. “Il follow-up, la maggior parte delle terapie rimangonocollocati negli ospedali periferici vicino alla residenza del paziente.”
Ribadisce poi, Stefan Hofer, che il pagamento dei primari deve legato al numero di letti. “E comunque nessuno potrà convincermi del fatto che non faccia differenza se un chirurgo a San Candido opera tre carcinomi mammelari all’anno, un altro a Brunico 41 e un terzo a Bressanone 53.“